«Mare Mortum»

«Mare Mortum»

Invasione, centri al collasso, emergenza. Tutti affannati nella conta di quanti arrivano. Il barchino, il barcone, il gommone, la nave dell’ong. E puntuale parte la campagna d’odio: “Portateveli a casa vostra, il radical chic, il buonista, riportateli in Libia”. Qualcuno si è mai chiesto quanto dolore si cela dietro un viaggio? Una barca, pochi effetti e poi il mare. All’orizzonte l’Europa, il sogno, la salvezza. Qualcuno si è mai chiesto in quanti sono seppelliti in quello che una volta era il Mare Nostrum? Tanti, troppi. Una tragedia senza fine di cui un giorno la storia ci chiederà il conto. La lista delle vittime continua ad allungarsi. Da quell’ottobre del 2013, quando il mondo scoprì l’orrore dinanzi ai morti di Lampedusa al Gennaio del 2021, secondo i dati dell’Unhcr, sono oltre 20.000 le persone che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa. Questa rubrica nasce dalla voglia di raccontare quello che succede dall’altra parte. Dare voce a chi voce non ne ha. Ridare dignità ai morti, vittime dell’indifferenza, di un mondo che preferisce voltarsi dall’altra parte. E non potevo che cominciare da Lampedusa, la porta d’Europa. Se ne parla tanto in questi giorni. Sull’isola dal 9 al 10 maggio sono 2.146 le persone sbarcate. Troppe per un hot-spot che ne può ospitare appena 400. Così le cronache ci raccontano di centinaia di migranti lasciati al freddo sul molo, altri trasferiti sulla nave Splendid, altri ancora sull’Allegra, per fare spazio, in tanti sono stati trasferiti sulla terraferma a bordo della  nave Sansovino. Gli sbarchi continui sono la conferma che il “pull factor” è mera propaganda. Non ci sono le navi della Marina al largo delle coste nordafricane e non ci sono le Ong, bloccate in porto dai vari provvedimenti amministrativi. I barconi però continuano a partire e per quanto riguarda la Libia, negli ultimi giorni ci troviamo di fronte a un ritorno al passato. I trafficanti hanno ricominciato ad utilizzare i pescherecci, grandi imbarcazioni, migliori e più capienti dei gommoni. Dato rilevante sono gli arrivi massicci dalla Tunisia. Un paese sull’orlo del baratro che sta attraversando una profonda crisi economica, sanitaria e politica. La primavera araba è stato un fallimento ed i vari governi che si sono succeduti dopo la caduta di Ben Alì non sono stati in grado di fornire risposte concrete. Così, mentre la disoccupazione giovanile è ormai oltre 30 per cento, l’unica alternativa resta la via del mare.