I covoni di fine estate

I covoni di fine estate

Il mese di agosto sancisce come di consuetudine la fine dell’estate. Per dare il giusto saluto a questa stagione così calda, proprio al suo culmine, ho deciso di allontanarmi dalla Capitale. Il cemento e l’asfalto si susseguivano come fotogrammi della proiezione cittadina e il bisogno di vedere oltre i palazzi e respirare aria fresca accrescevano il desiderio di lasciare il centro urbano. Così, sono partita per rifugiarmi tra il verde dei boschi delle catene montuose tra il Lazio e l’Abruzzo e mentre percorrevo le campagne color ocra mi sono imbattuta in un’immagine familiare. Tra le lunghe distese delle campagne laziali e abruzzesi le spighe di grano erano già state raccolte. Le alte temperature della stagione essiccano i fuscelli e dopo la mietitura gli steli vengono raccolti per creare le balle di fieno, pronte poi a nutrire il bestiame degli allevatori durante l’anno. I covoni erano similmente allineati fianco a fianco come in un dipinto di Monet. L’artista ha dipinto lungamente i mucchi di fieno, immortalati nelle loro diverse conformazioni e illuminati dai molteplici colori tipici delle fasi del giorno. Questi sono i soggetti che per tanto tempo l’artista francese Claude Monet ha dipinto dopo essersi trasferito a Givery alla fine dell’aprile del 1883. Per cinque anni l’impressionista ha reso le balle di fieno una costante iconografica dei suoi dipinti: nel 1884 dipinse tre tele (Covoni, effetto di sera, Covoni, sole velato, Covoni a Giverny), mentre nel 1885 altre tre (Covoni a Giverny, Prato à Giverny, Il mucchio di fieno) e infine un anno dopo altre due (Il mucchio di fieno, Vista di Giverny). Tuttavia, sarà nel 1888 che renderà i covoni il soggetto principale delle sue opere. Inizia così la stagione dei dipinti in cui due mucchi di fieno, dalle simil forme, ma diverse dimensioni, si affiancano come due familiari. In tutte le serie Monet dipinge i covoni uno a fianco all’altro come case di paglia tipiche dei contadini medievali. In particolare, prendendo in riferimento il primo dipinto della collezione ‘90-‘91, nell’anno 1890 Covoni, fine dell’estate le pennellate sono tipiche dell’impressionismo, ossia secche e non fluide. Tante pennellate vicine creano i cumuli di fieno raccolto. La tridimensionalità dell’orizzonte è impercettibile, ma riacquista vigore nei chiaroscuri. I colori sono chiari e brillanti come colpiti dalla luce abbagliante di un mattino d’estate. Il calore e l’afa sembrano quasi percepibili nelle campagne lontane. Le ombre aiutano lo spettatore a comprendere la tridimensionalità dell’opera. Nello sfondo il bosco ricco di alberi verdi è più nitido avvicinando lo sguardo al dipinto. La medesima cosa avviene per la catena montuosa all’orizzonte, quasi indistinguibile. L’estate sta finendo e la luce delle giornate si accorcia, questo sembra accadere guardando il susseguirsi di tele della serie di Monet, dall’estate fino ad arrivare all’inverno con i covoni, poco verosimilmente, coperti da neve. Inoltre, da due man mano il focus iconografico diventa una sola balla di fieno, che incentra l’attenzione su di sé. Queste serie di tele per lungo tempo sono state criticate negativamente poiché il ripetersi dello stesso soggetto e il poco significato che si riusciva ad attribuire destava non poche perplessità. Ciononostante, è fondamentale capire le intenzioni reali dell’autore. Monet non cercava il simbolismo o il sublime ma, con il suo trasferimento nelle campagne di Giverny, i paesaggi di covoni erano il suo perituro orizzonte. Quello che incuriosì e spinge l’impressionista a dipingere diverse tele con il medesimo soggetto è la varietà di sfumature di colori che colpiscono il paesaggio in base alla stagione e alla posizione del sole. Così, un identico soggetto – definibile come semplice, giacché non è richiesto un grande sforzo per immortalarlo – risalta le sfumature delle fasi del giorno, poiché la luce colpisce i soggetti e ne risalta in maniera sempre differente alcune parti. Questa tecnica è figlia del movimento impressionista. Infatti, gli artisti di questa corrente non vanno alla ricerca del soggetto perfetto che possa innescare emozioni forti allo spettatore, ma il loro intento è cogliere la luce e il mutamento dei soggetti e dei riflessi creati una volta baciati da essa. In questo modo l’Impressionismo, a differenza di molte correnti artistiche, si focalizza sul cogliere le peculiarità della realtà che ci circonda e in particolar modo della natura e degli ambienti esterni, dove il palcoscenico viene illuminato in maniera naturale dal ciclo solare. In un mondo così vorace, dove la tecnologia e gli smartphone hanno innescato in noi un moto vorticoso, ci fermiamo ormai troppo poco a osservare ciò che ci circonda. Diversamente la corrente impressionista spinge l’osservatore a fermarsi e guardare le particolarità a volte impercettibili che il mondo circostante ci riserva. Dunque, nell’Impressionismo il vero soggetto diventa la luce, grazie alla quale un oggetto o un paesaggio non sono mai immutabili, ma cambiano a seconda della sua intensità e direzione.