'Il corredo esposto'

Un’antica usanza mazarese ormai caduta in disuso

'Il corredo esposto'

di Grazia Gioglio

Ho imparato a ballare all’età di otto anni in un’occasione specifica: partecipavo al “corredo” di una mia cugina. Osservando i piedi degli altri che danzavano, provavo a ballare anch’io mettendo i miei piedi sulle scarpe di mio padre che, con santa pazienza, mi insegnava a muovere i primi passi con il liscio. L’esposizione del corredo è un’antica tradizione, da tempo ormai caduta in disuso. Quando due persone giovani o  adulte decidevano di sposarsi, all’incirca un mese prima della celebrazione delle nozze, per tre giorni veniva esposta la dote della futura  sposa nella casa dei suoi genitori .Lenzuola, tovaglie da tavola, asciugamani, camicie da notte e persino la biancheria intima venivano affissi  sulle pareti di una  stanza scelta appositamente per mostrarli  a tutti gli invitati  affinché  potessero ammirarli e congratularsi con i genitori che dimenticavano  tutte le fatiche e  i risparmi a cui si erano sottoposti negli anni per quei momenti di gloria  e di gioia. Gli ospiti portavano in dono o denaro, sotto forma di banconote da cinquemila lire o diecimila lire che venivano fissate su un nastro, o regali che potessero essere utili ai futuri sposi, tazzine da caffè, piatti, tazze da tè, bicchieri e suppellettili di vario genere. Accanto alla camera in cui si potevano ammirare i lavori all’uncinetto esposti, i centrini ricamati al” tombolo” o “al rinascimento”, ce n’era un’altra nella quale si ballava. Le porte e le finestre della casa rimanevano aperte e, chiunque passasse da quella strada in cui si festeggiava, poteva entrare. I ragazzi, anche sconosciuti, potevano liberamente chiedere di ballare alla ragazza che ritenevano più simpatica o carina che poteva accettare l’invito del giovane oppure “dare coffa” ossia rifiutare. Il rifiuto talvolta era suggerito, con un’occhiata a distanza, dalla madre della ragazza perché il “tipo” non era di suo gradimento in quanto la figliola poteva aspirare, per la sua avvenenza, a qualche “partito” migliore. Tra un   ballo e l’altro si offrivano a tutti, anche agli estranei, “calia, simenza  e noccioline “ per tutte le serate ,ma la più attesa era l’ultima sera  perché i familiari della sposa avevano il piacere di condividere con tutti  la pizza ,precisamente la rianata, oppure  i “famosi tre pezzi” ,grande vanto dei genitori, ossia un’arancina, una sfogliata e una pizzetta. Con il passare degli anni quest’ usanza è venuta meno :dai tre giorni si è passati ad organizzare il ricevimento dei regali ai futuri sposi a due giorni poi a un solo giorno e adesso non esiste più  in quanto la società si è trasformata e con essa le antiche tradizioni .Esporre il corredo potrebbe sembrare oggi un’usanza “barbara” perché sappiamo bene che la privacy e l‘intimità sono preziosi ,  ma  agli occhi di una bambina quel mondo era bellissimo e i ricordi dei tempi passati ,quando sono piacevoli, rimangono impressi nel cuore per sempre.