Il fenicottero in ospedale… ma nulla di grave

Continuano i racconti del nostro impertinente John Flamingo

Il fenicottero in ospedale… ma nulla di grave

Un giorno mi chiama un mio amico da Londra e mi dice "Verrò la prossima settimana e passerò il weekend qui a Trapani. John, arriverò in aereo, mi vieni a prendere???
Michael - risposi io - non c’è bisogno che vengo a prenderti all’aeroporto, ormai c’è un servizio navette ferroviarie magnetiche, avveniristico progetto realizzato in tre mesi e viaggiano in un tunnel sopraelevato che grazie a ciò, fra l’altro, ha messo d’accordo tutti. Un treno ogni cinque minuti e non hai bisogno di chiudere i passaggi a livello che incontra, che erano da sempre la causa principale del traffico in città”.
Un po’ sfiduciato lui mi fa: “Va bene come dici tu”.

Il venerdì sera, puntuale, l’aereo arriva a Trapani. Michael mi chiama e mi dice: “John, avevi ragione sto arrivando col trenino meraviglioso che tu mi avevi consigliato di prendere e alle 19,28 mi vedrai in piazza della stazione e ci vediamo là. Andiamo a cena?" 
"Sì certamente". E così fu. Appena ci incontrammo, dopo un abbraccio lungo  (erano vent’anni che non ci vedevamo), lo portai in uno dei tanti Bed & Breakfast della zona che avevo prenotato per lui.
Michael fatti una doccia rilassati e quando sei pronto mi chiami che ti porto a cena. Ciao”.
Alle ventuno ci incamminammo verso le piazze illuminate e incontrammo tutto quel ben di Dio che, noi che nidifichiamo da queste parte, conosciamo benissimo. Contemplando il parco archeologico come due bambini, avvolti da fascino della storia, iniziammo a parlare della nostra gioventù, di tutte le nostre avventure in quel di Londra che ora, sinceramente, è diventata invivibile.

Io gli dissi: “Michael, uno dei motivi per cui vengo spesso a Trapani è per la qualità della vita eccellente, per la gente operosa, garbata meticolosa, ospitale, discreta, ti senti proprio a casa e poi la città a misura d’uomo. Pensa che è, da decenni, una delle città più vivibili d’Europa". Mangiammo pesce fresco, il famoso “Sicilian Sea Fresh Food” esportato in tutto il mondo e quindi, col palato in estasi, ci siamo alzati dal tavolino e trovammo la pace su uno dei divani a mirar le luci della notte sul porto. In silenzio, dopo un po', facemmo ritorno e andammo a letto dopo esserci salutati con un bel sorriso.

L’indomani mattina presto Michael mi chiama: “Senti John, vorrei andare a fare un bel bagno a mare che dici se andiamo in una delle calette a Cornino o a San Vito o andiamo magari a Makari. Non so, dimmi tu, ho voglia di fare un bel bagno c’è una giornata meravigliosa". Andammo così, per mia decisione, allo zingaro, alla riserva. Uno spettacolo sotto il cielo di Sicilia. Dopo il bagno a piedi raggiungemmo un’area attrezzata con bar con un balcone vista mare, lì vicino. Abbiamo fatto colazione, doppio caffè amaro non lungo per me e per lui fette biscottate, marmellata di ribes e succo di pompelmo: praticamente una coltellata alla pancia, ma è straniero e lo perdono.
Verso mezzogiorno ci siamo incamminati sul sentiero del ritorno per Trapani. Una splendida mattina di quelle che non dovrebbero finire mai. Sulla provinciale un camion, davanti a noi, perse il controllo e rovinò sul guardrail, rivoltandosi. Evitammo una tragedia perchè riuscii a frenare in tempo per non tamponarlo e non essere tamponato. Ma per la brusca frenata, nonostante la cintura, Micheal come un proiettile urtò contro il parabrezza e perfortuna non si fece niente. Un poco stordito ma niente di grave. Sceso dalla macchina di corsa mi apprestai al soccorso. L’autista del camion era svenuto e giaceva su un tappeto di cristallo che sembrava un mosaico di film horror, perché era rosso sangue. Subito chiamai il soccorso. Manco tempo di finire la telefonata che, in un baleno, vidimo spuntare l’ambulanza e prestati i primi soccorsi andammo a sirene spiegate di corsa in ospedale. Noi la seguimmo in macchina. Arrivati, ammirammo l’imponente struttura ospedaliera.

Non lo avevo mai visto l’ospedale sebbene ci fossi passato diverse volte nella mia quasi residenza a Trapani. Un grande edificio, nuovo, con ampi spazi pieno di ambulanze in fila ordinate davanti al pronto soccorso. Pensai che Michael non sarebbe morto ma, comunque, sarebbe stato meglio un controllo. Con tutte queste ambulanze in fila chissà quanto avremmo aspettato: un'eternità. E, invece, non sapevo che tutte già avevano fatto il triage via telefono cosicchè i pazienti venivano subito inseriti nelle operative room dedicate. La nostra era la "Trauma Room". Mentre il camionista, grazie all’equipe medica e infermieristica che aspettava, entrò nella "Surgery room" per grave emorragia. Si salvò.

Dopo una mezz’oretta arrivarono i referti e nel frattempo vivemmo l’atmosfera della "Waiting room". Poltrone comode, ambiente sereno e confortevole con schermi TV giganti con il volume soft i cui altoparlanti stereofonici rassicuravano i pazienti in attesa. Assieme a noi, pazienti di ogni paese, giovani e anziani. Mentre aspettavamo entrò una coppia del Ghana, lei in stato interessante recatesi qui dopo la chiamata domiciliare dal reparto ostetricia, per partorire. Un anziano si rivolse ad una sua amica accompagnatrice e disse: "Rosalia lo vedi che era come dicevo io: ormai vengono tutti qua da noi a partorire. Cosi il nascituro prende la nazionalità italiana a vivranno qua da noi a Trapani. Che bella cosa!!!" E Rosalia: “che bello aver vissuto così a lungo per vedere realizzato nella pratica la Fratellanza". Lui: “ anni di sofferenza e lotte intellettuali, ma alla fine è passato il pensiero positivo dell’integrazione”. Un altro vicino a loro, un anziano amico, poco distante da loro: “Chi diciti, unne’ accussi, vu rico io’ como è (grazie ai vecchi saggi siciliani la lingua siciliana era stata finalmente accettata come lingua ufficiale e si poteva parlare liberamente, senza vergogna)". Anzi, gli stranieri che ascoltavano lo hanno pure ringraziato, alcune lingue si sono estinte nel mondo proprio per l’omologazione fonetica. Continuo’. “ma quale integrazione, tolleranza e fratellanza, vu sunnastivo? Vu Rico iò u picchi’ i fanno veneri ca. A mare I pagghiano cu i varcuna, pi poi falli venere ca. A piare chi arrivano vivi, ma chiddri chi ciafanno, arrestano ca a trapani e poi si fanno a famigghia e certamente fannu figghi . I figghi chi chiscinu, manco assai, i fanno travagghiare como mula, ne campagne o dunni l’autri un vonno ire a faticare. Diciuno chi I salvano a mare picchi scappano de i paesi so, ma sicunno mia i vanno a pigghiano apposta".
Avevamo sentito, capito e crollammo, dopo che ci siamo guardati, in un incubo storico e per un secondo lungo un eterno. Vivemmo tutti gli astanti, il dramma di quelle persone. L’anziano siciliano, scoprimmo dopo, attendeva il turno della Psichiatric room. Ci dispiacque molto. Non sapremo mai se il suo pensiero era davvero il suo. Certo che l’ospitalità dei siciliani è storica e l’integrazione razziale nonché culturale ha portato ad essere quella loro, una realtà cosmopolita, grazie anche, e ne siamo felici, all’anziano che con i suoi occhi molti anni fa ha visto la sofferenza dei poveri. Grazie a Dio oggi non è più cosi.

Uscimmo dall’ospedale in silenzio. I referti di Michael erano tutti nella norma. Se la sarebbe cavata con la borsa di ghiaccio sulla fronte e qualche analgesico per via orale e al bisogno. Le nostre menti andare ai viaggi, ai nostri per conoscere i luoghi, i paesi, le persone e a quei viaggi che se sbagli mezzo puoi finire la tua corsa. Conclusi, guardando Micheal sicuro che pensasse la stessa cosa: “Meno male che viviamo e che abbiamo la libertà di venirci quando vogliamo, in questo posto sicuro, dove ci si può curare, passeggiare, mangiare bene e pensare liberamente".

Alla prossima Il vostro John Flamingo