La “Mastranza” di Mazara del Vallo

La "Mastranza" come luogo del passato e sogni per il suo futuro

La “Mastranza” di Mazara del Vallo

Stiamo vivendo tempi difficili, duri, dolorosi: il coronavirus continua a girovagare per le nostre città e a colpire parenti e amici. Ed è in questi momenti cosi preoccupanti che, per consolarci, facciamo un tuffo nel passato per far riemergere quei ricordi che possano alleviare in parte il nostro cuore e le nostre attuali sofferenze. Per questo motivo, dunque, voglio porre l’attenzione sulla “Mastranza” e sulle antiche pratiche commerciali che lì vi si svolgevano. La “Mastranza” si trova nella via Porta Palermo ed era definita così in modo storpiato da molti per indicare “le Maestranze” ossia tutte le attività artigianali e commerciali che lì erano ubicate.

Agli occhi miei di bambina era un mondo colorato, caratterizzato da locali nei quali si vendeva di tutto: stoffe, vestiti, scarpe, borse, valigie e merce di ogni genere. La strada della “Mastranza” era molto vivace e pullulava di gente che entrava ed usciva dai negozi più volte perché si patteggiava a lungo sui prezzi. Ricordo ancora mia madre che “sfiniva” il malcapitato negoziante per arrivare a pagare quanto da lei pattuito. “Cinquemila lire questa stoffa ?!? (non esisteva l’euro allora), al massimo posso dargliene tremila” E così dicendo si avviava all’uscita del negozio, richiamata subito dopo dal povero commerciante.

Questa trattativa durava circa un’ora (o almeno cosi sembrava a me quel tempo… infinito) fino a quando la mamma soddisfatta per l’affare andava via, lasciando il negoziante stremato ma pronto ad affrontare con coraggio e dignità il cliente successivo. Sarà per questa pratica che adesso in mezzo alla “Mastranza” le saracinesche si sono abbassate?!? Oggi, purtroppo, in quella strada regna il silenzio. Poche sono le attività che resistono alla chiusura, c’è talvolta anche il timore di percorrerla.

Come ravvivarla? Necessita un imprenditore o qualche “mecenate” pronto ad investire i suoi capitali per acquistare quei locali che potrebbero essere utilizzati come laboratori di pittura, di ceramica, di musica, di scenografia, di teatro. Quello potrebbe diventare il luogo in cui gli anziani, già in pensione, potrebbero mettere a disposizione le loro competenze per i giovani. E’ un’utopia, lo so. Ma oggi, per le tristi vicende legate alla pandemia, credo che sognare sia lecito.

Grazia Gioglio