Buongiorno a Misiliscemi

Analisi veloce di un percorso virtuoso

Buongiorno a Misiliscemi

Antonio, Salvatore, Elio, Giuseppe, Fabio… sono tutti nomi comuni e per niente roboanti quelli che, oggi, sanno di vittoria. Sono i nomi dei, pochi ma compatti come una vera comunità, componenti dell’associazione Misiliscemi che ha fatto scrivere la storia. Oggi la provincia di Trapani s’è svegliato con un Comune in più, quello di Misiliscemi appunto, sancito dalla votazione in Assemblea Regionale Siciliana dove, dopo circa cinque mesi da quando era stato inserito all’ordine del giorno, è stato discusso il disegno di legge che prevedeva la costituzione del venticinquesimo comune per la provincia di Trapani. Per la terra di Sicilia è il 391°.

Ieri pomeriggio presenti in aula, all’ARS, erano circa due terzi degli aventi diritto. Il nuovo Comune di Misiliscemi ha ricevuto, complessivamente, 21 sì e 13 no. Alcuni altri, pochi, si sono astenuti in maniera pilatesca.

Appare evidente dai numeri, e sin dall’inizio dell’iter che ha portato a questo epilogo, che è la vittoria di pochi nei confronti dei tanti. La potremmo definire la vittoria di Davide contro Golia, ed in effetti lo è stata: una piccola associazione formata da persone comuni ed anche semplici che, con una fionda (un sogno da realizzare) ha sconfitto il gigante (classe politica trapanese e burocrazia siciliana) armato di sana pianta. Ma, a ben rifletterci, non è stata la battaglia di uno contro uno, è stato uno scontro fra eserciti vero e proprio. E, scomodando la storia più recente, quanto successo ieri andrebbe paragonato alla guerra di indipendenza. Alla terza, in particolare, con riferimento specifico alla battaglia di Custoza: quel giorno, il 24 giugno del 1866, la spocchia del Comando italiano venne sonoramente castigata dall’esercito degli austriaci. Le divisioni militari italiane erano in superiorità numerica ma sottovalutarono l’avversario e, pensando che gli austriaci avrebbero evacuato il Veneto senza combattere, avanzarono in colonna, staccate tra loro. E furono battute separatamente. Fu un’onta, oltre che una grave perdita in termini di uomini, e quella sconfitta venne ascritta al generale Alfonso La Marmora il quale, così dice la storia, aveva calcolato male la posizione delle truppe austriache (ritenendo anche che l’esercito avversario fosse concentrato su altri fronti) e, alla prima azione di contrasto avversaria decise per una ritirata: La Marmora perse la testa e dette, ingiustificatamente in quanto le sue truppe erano quasi del tutto intatte e il morale fosse ancora alto, l'ordine di ritirata ingigantendo nei suoi dispacci la sconfitta, definendola disastrosa e impedendo perciò a Vittorio Emanuele II, che voleva contrattaccare sul fianco destro, di raccogliere abbastanza reparti per l'attacco e lasciandogli solo truppe sufficienti per fare quadrato intorno al Principe Ereditario. Le truppe quindi sbandarono e la ritirata si trasformò, colpa anche di Enrico Cialdini che per le solite rivalità rifiutò di portare appoggio tattico, in una rotta che permise agli austriaci di avanzare senza quasi incontrare resistenza. La battaglia si risolse quindi in scontri fra reparti isolati.

Così, Wikipedia, racconta quell’episodio.

E, così, oggi, chi vi scrive interpreta quanto successo ieri in Assemblea Regionale Siciliana. Si potrebbero trovare altri esempi epici di battaglia leggendarie per incorniciare questa vicenda nella storia: la battaglia delle Termopili, ad esempio, o quella di Maratona. Ma per raccontare la vittoria di questi pochi (i misilesi) nei confronti dei tanti (i trapanesi tutti indistintamente) ritengo sia più consono rimanere in suolo patrio. Noi italiani siamo bravi a farci del male da soli, siamo eroi e combattenti valorosi ma siamo anche un popolo di fanfaroni e strafottenti. Se non vi piace la battaglia di Custoza, come termine di paragone, vi propongo la disfatta di Caporetto, il 24 ottobre 1917. Anche in quel caso la supponenza di molti generali, unita alla carenza di comunicazioni e all’assenza di iniziativa individuale fece dell’esercito italiano un gigante paralizzato incapace di agire e decidere decretando la sconfitta contro gli austro-ungarici e tedeschi.

Ora, obiettivamente, non è che Salvatore Tallarita, Elio Barbera, Peppe Vultaggio e tutti gli altri soldati dell’associazione Misiliscemi, assomiglino così tanto agli austriaci o ai tedeschi… ma intanto hanno vinto. Ed hanno vinto meritatamente dimostrando che i sogni vanno inseguiti e vanno corredati, stando bene ad occhi aperti, di progettazione, di statistiche, di programmazione e di strategie. Hanno dato una lezione ad ampio raggio, hanno dimostrato cosa significhi la parola COMUNITA’. Bravi, era giusto che finisse così. Misiliscemi sarà, speriamo a brevissimo, il 25° Comune della provincia di Trapani e possibilmente servirà da esempio (come già dimostrato) a diversi altre realtà siciliane ed italiane che vogliono avviarsi su questo percorso autonomista.

Ma non si può non soffermarsi, anche se ha il sapore del latte versato, su alcuni aspetti di questa vittoria.

Punto primo. Così come a Custoza e a Caporetto, i “generali” della politica trapanese hanno perso per leggerezza, per superficialità e per scarsa visione a lunga distanza. Hanno perso perché sono scesi in campo con truppe svogliate e poco compatte. Hanno perso perché hanno sottovalutato l’avversario, perché non conoscevano a fondo il campo di battaglia. Hanno perso perché avevano altri obiettivi e perché, in fin dei conti, non hanno nemmeno combattuto se non in maniera singola e confusa. La dice lunga, ad esempio, il fatto che “il leader” del fronte del no sia stato un giovane avvocato trapanese che opera soprattutto nel romano: l’avvocato Maurizio Miceli. Nominato generale dal senatore Tonino D’Alì (uno di quelli che, per motivi personali ed anche di rivalsa – mi sento di affermare per le mie valutazioni personali – s’è arreso a battaglia in corso) a Miceli è toccato il compito, specialmente negli ultimi mesi, di fungere da collettore di trattative e di strategie politiche ma s’è scontrato con un muro, quello della deputazione regionale della provincia di Trapani fatto da 5 esponenti e nessuno dei quali diretta espressione della città di Trapani. Anzi, i due deputati marsalesi (Stefano Pellegrino ed Eleonora Lo Curto) hanno cavalcato l’entusiasmo di Tallarita & co e li hanno portati alla vittoria tessendo le trame (soprattutto la Lo Curto) utili al definitivo sì per la nascita del nuovo Comune. E ad essi aggiungiamo i due deputati (una di Alcamo, la Valentina Palmeri, e l’altro di Mazara del Vallo, Sergio Tancredi) ex cinquestelle ora ATTIVA SICILIA che hanno perorato fortemente la causa misilese. E, quinto in mezzo a loro, c’è l’onorevole Baldo Gucciardi, salemitano, del quale si sono perse le tracce da tempo in provincia di Trapani. E poi c’è l’onorevole-assessore Mimmo Turano, alcamese, che ha fatto la parte del Ponzio Pilato lavandosene le mani e assistendo allo spettacolo dal suo alto scranno di Amministratore nella Giunta guidata dal Presidente Nello Musumeci.

Punto secondo. L’assenza di un politico trapanese all’ARS è colpa di chi? Degli stessi trapanesi, certamente, che non hanno saputo concentrare le proprie forze e le hanno disperse sui vari aspiranti deputati regionali. Ma è anche degli stessi politici trapanesi che, evidentemente, non hanno convinto gli elettori e si sono fatti la battaglia gli uni contro gli altri sperando in un posto al sole da circa novemila euro al mese. Certo, qualcuno di voi potrebbe evidenziare il fatto che per circa 300 voti Giacomo Tranchida (attuale sindaco di Trapani) non è stato eletto all’ARS ma, alla luce di quello che è successo pochi mesi dopo da quella competizione elettorale del 2017, ad opera dello stesso Tranchida, siamo certi che le cose sarebbero cambiate? Siamo certi che Paolo Ruggirello, che è di Guarrato, avrebbe battagliato contro Misiliscemi? Siamo certi che Nino Oddo avrebbe saputo fungere da conducator contro la nascita del nuovo Comune di Misiliscemi? Siamo certi che Fazio… ah già, Mimmo Fazio. Buona parte delle colpe è sua, per quanto riguarda la rivolta delle otto frazioni a sud di Trapani. Così vuole la storia recente. E così si continua a dire anche nei comunicati stampa che salutano con gioia la nascita di Misiliscemi. Certo, il suo nome non viene scritto chiaramente (sia mai) ma è chiaramente alle “passate amministrazioni” che ci si riferisce per individuare coloro che hanno decretato la rabbia dei misilesi. Fazio e Damiano sono i sindaci che hanno amministrato la città negli ultimi venti anni (11 anni Mimmo Fazio, 5 anni Vito Damiano e per un anno circa Trapani è stata commissariata).

Punto tre. L’autodeterminazione dei popoli. Parole che, se pronunciate da Nelson Mandela, Malcom X, Martin Luther King o altri come loro, hanno un senso ben preciso e di assoluta condivisione. Ma, ero presente più volte mentre a questo principio ci si afferrava durante la campagna elettorale per le Amministrative del 2018, a Trapani furono soprattutto Giacomo Tranchida (lo scontato vincitore della battaglia elettorale e futuro sindaco di Trapani) e i suoi a pronunciarle più volte mentre erano impegnati a spiegare che bisognava “indossare la maglietta granata in maniera unitaria”. Solo che, da un lato parlavano di maglietta granata e percorso unitario e dall’altro, contemporaneamente, incombeva il referendum con il quale si chiedeva sia agli abitanti di quelle frazioni che a tutti gli altri abitanti del territorio trapanese di esprimere un parere circa la nascita del nuovo Comune di Misiliscemi. L’atteggiamento, anche in quel momento, pilatesco di quanti (ad eccezione di pochissimi e fra questi il candidato sindaco Peppe Bologna) erano impegnati a raccogliere voti per potersi sedere su uno degli scranni del consiglio comunale, fece sì che i trapanesi di città non si esprimessero in merito mentre, di contro, gli abitanti delle frazioni, anche con le dovute e necessarie pressioni dei promotori di quel referendum, andarono a votare e il quorum venne superato con tanto di vittoria del Sì.

Punto quattro. I misilesi hanno ragione. Delle esigenze di quella larga fascia del territorio trapanese, dei servizi primari, delle istanze ripetute, di tutte le necessità urlate e richieste in tantissimi anni, di un PRG che mortificava quel territorio e le legittime aspirazioni di genitori che volevano dare una speranza ai propri figli, di una spiaggia come quella di Marausa che avrebbe potuto diventare un fiore all’occhiello e tanto tanto altro, se ne è fatto che cosa? Carta straccia. Anche durante e dopo la famigerata America’s Cup (che poi erano gli atti otto e nove della Louis Vuitton Cup) con la quale si riuscì a portare lustro e soldini nel territorio trapanese. Il centro storico e la città capoluogo, obiettivamente, venne tirato a lucido ma le frazioni e i quartieri affatto. E la rabbia dei misilesi montava sempre più. Fu allora, infatti, che l’idea di “scissione” iniziò a prendere corpo e consistenza diventando sempre più non un sogno ma una reale possibilità.

Punto cinque. Gli eletti al consiglio comunale, provenienti da quelle zone, cosa hanno fatto per risollevare le sorti di quel territorio negli ultimi venti anni? Ma a votarli, fondamentalmente, non erano gli stessi abitanti delle frazioni che si lamentavano? E perché non pretendevano di più o non cambiavano cavalli sui quali puntare? Anche di questo, un giorno, dovremmo scrivere più approfonditamente. Oggi fermiamoci qui con quella che, più che un’analisi, è una specie di considerazione-racconto di come pochi abbiano inseguito la storia e l’abbiano riscritta con la forza di volontà. Qualche forzatura c’è stata, in tutti questi anni, e qualche colpo basso anche. Ieri, ad esempio, l’onorevole Stefano Pellegrino, marsalese, ha detto qualche inesattezza di troppo nel tentativo di perorare la causa misilese. Ci sta, in amore e in guerra tutto è lecito e, dopo il sogno misilese, adesso ha preso consistenza concretamente il sogno marsalese: quello di diventare capoluogo di provincia.

Ma intanto abbiamo Misiliscemi. Non subito, eh. C’è tutta una trafila burocratica da affrontare e, nell’attesa che tutto venga definita, il nuovo Comune sarà retto da un commissario straordinario che rimarrà in carica fino all'elezione di sindaco e Consiglio.
La sede legale provvisoria, nelle more dell'approvazione dello statuto, sarà nel Comune di Trapani.
Nel territorio di Misiliscemi rientrano le frazioni di Fontanasalsa, Guarrato, Rilievo, Locogrande, Marausa, Palma, Salinagrande, Pietretagliate. Il personale del Comune di Trapani, residente nelle frazioni scorporate, passerà alle dipendenze del nuovo ente locale.
Nel territorio ricade l'aeroporto di Birgi. In totale Misiliscemi avrà 8.669 abitanti, circa il 12,5% degli attuali abitanti di Trapani (67.531).

Viva Misiliscemi, va detto con assoluta onestà intellettuale. Viva Tallarita e i suoi, hanno dato dimostrazione di come si faccia politica e si studi lo sviluppo di un territorio vasto e variegato, tra l’altro, come quello che annovera le otto realtà urbane misilesi. Certo, per ora solo sulla carta, ma sono certo che sapranno trasformare le parole in realtà.

E possibilmente, proprio grazie a Misiliscemi, adesso si avvierà un serio ragionamento sulla fusione di Trapani con Erice. Ma anche questa è un’altra storia da decifrare, magari fra qualche giorno.

 

A volte un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato.
(Nelson Mandela)

 

Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci.
(Mahatma Gandhi)

 

Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia.
(Sun Tzu)

Buongiorno a Misiliscemi