L'aeroporto di Trapani, Ryanair e le osservazioni del Presidente Antonini

Un'impasse dalla quale si può uscire solo con un deciso intervento di capitali privati

L'aeroporto di Trapani, Ryanair e le osservazioni del Presidente Antonini

di Vincenzo Scontrino

Quello che mi guida, la mia stella polare, è l’onestà intellettuale. Va riconosciuto a Valerio Antonini di avere individuato un problema e di averlo segnalato, con tutta la forza di cui dispone, all’opinione pubblica. Ritenere che lo stesso si nutra o meno di antipatie nei confronti dell’attuale governance di Airgest è fuorviante e oggi lo abbiamo constatato. Il solito balletto di fine stagione, dal profumo vagamente -non troppo vagamente! -estorsivo di Ryanair, è la riprova -quella più dura su cui sbattere- che l’imprenditore romano aveva ragione. È indubitabile che la vera gestione turistica della provincia sia in mano al vettore irlandese il quale, in virtù della posizione dominante, decide tutto, prezzi, orari, tratte.

Tutto legittimo, ci mancherebbe. Però è anche palese come questo territorio si trovi sotto un ricatto commerciale. “Se mantieni la tassa di 6,50 euro a passeggero, dirotto i passeggeri dove costa meno.” Questa la sintesi irlandese, posto che sanno benissimo di essere gli unici attori sul palcoscenico turistico in provincia di Trapani. Con quale coraggio un imprenditore serio realizza infrastrutture importanti se non ne è poi certa la commercializzazione? Io credo che la presenza del mono vettore sia anch’esso un limite per la marcata dipendenza che viene a crearsi. Pertanto, finché l’aeroporto non si affrancherà dal monopolio celtico, anche gli orizzonti imprenditoriali collegati sono destinati a boccheggiare.

Le aree metropolitane di Sicilia soffrono meno per ovvi motivi, il bacino servito soprattutto, la nostra è invece talmente debole che la sua posizione somiglia a quella di una canna al vento e non si può sempre demandare tutto alla politica. Personalmente ritengo che da questa impasse si possa uscire solo con un deciso intervento di capitali privati che possano mettere nei budget anche i costi dei vettori. Finché tutto resterà nelle mani pubbliche, continueremo ad avere turismo di terza fascia e condizionamento da parte dei vettori. Non mi pare che questo modello sia sostenibile né possa considerarsi volano di sviluppo permanente. E in questo, piaccia o no, per me ha pienamente ragione Valerio Antonini.