L'Archetipo della Morte di che colore è?

Riflessioni sul progetto TRAP e i cinque murales nella città di Trapani

L'Archetipo della Morte di che colore è?

Sulla querelle dei 5 murales in realizzazione in città mi verrebbe da dire, sempre meglio una folle secchiata di colori che una professionale mano di borghesissimo grigio.
Per coloro appena sbarcati da Marte, innanzitutto ben arrivati; lasciate che vi ragguagli.
Sto ovviamente parlando dei 5 murales commissionati dal comune di Trapani ad altrettanti artisti internazionali grazie ai 25 mila euro auto-trattenuti dagli emolumenti dai 5 stelle regionali.
Il progetto finanziato si chiama TraP e prevede la realizzazione di 5 enormi murales presso i pilastri incompiuti alla zona industriale, al centro sportivo Sorrentino, a San Giuliano e all'ingresso di Fontanelle. Ma quello che al momento sta facendo discutere più di tutti è il progetto iniziato sulle tombe (perché queste sono in realtà) del cimitero prospiciente il lungomare Dante Alighieri.
Un luogo dalle energie fortemente archetipiche come solo la morte può essere. Un luogo deputato al dolore, alla meditazione, ai ricordi, ai pianti e a tutta quella penombra di sentimenti umani che trascende il mondano, andando a livellarsi in quel punto di raccordo che giace fra la frenesia della materia e la placida infinità.
Lì, su quelle mura, sorgerà il quinto murales. E sempre lì gli artisti uruguaiani del collettivo Licuado  dovranno dare prova di sensibilità e continenza. Dovranno riuscire, cioè, a impreziosire con modestia e riserbo quel ponte fra due mondi, valorizzando ed esaltando le energie crepuscolari che si esalano dai cuori di chi quel ponte varca; per un saluto rituale, per una visita veloce, per quei primi, e quindi più strazianti, estremi addii. Quelli che squarciano e petti e realizzano, senza più ritorno, la paura dell'abbandono che larva metastante dentro ciascuno di noi.
E quel murales, a modesto parere di chi scrive, non dovrebbe trasudare colori. Non dovrebbe celebrare la vita in un luogo che dell'assenza ha il suo marchio.
Sarebbe come banchettare tra gli affamati: pacchiano e di cattivo gusto.
Piuttosto, dovrebbe rappresentare coerenza, accompagnamento, dimessa comprensione dell'altrui dolore.
E' un compito arduo, lo capisco. E spero che chi è incaricato di sovraintendere stia lì a spronare i ragazzi uruguaiani al non facile compito che li aspetta. Ma in fondo è in questo che un artista si distingue dalla “gente comune”. Nella capacità di amplificare le energie già presenti nei teatri delle performace.
E chissà. Se Pisa ha avuto il suo Haring, con l'esplosione di colori del suo murales che celebra la vita, magari Trapani avrà i suoi Licuados, con la compostezza della loro opera in grado di far vibrare di dignità il nostro piccolo silente luogo d'eterno riposo.