Anche gli struzzi parlano... viaggio nel nuovissimo parco interattivo trapanese

Un nuovo volo a raso del nostro John Flamingo, il fenicottero impertinente

Anche gli struzzi parlano... viaggio nel nuovissimo parco interattivo trapanese

Oggi vi racconto di una giornata di vento, una di quelle che non vorresti mai perché quando c’è lo scirocco a Trapani si generano vortici imprevedibili e tutto ciò non aiuta noi pennuti a volare.
Tuttavia, attratto dall’ultima novità, mi sono armato di coraggio e mi sono alzato per uscire dal mio nido, pardon, dalla mia casa. E lo feci di tutta fretta, perchè avevano realizzato l’ennesimo stupor mundi di questo pezzo di Sicilia Occidentale (o come la chiamano ora, western Sicily): un parco archelogico naturalistico interattivo.

E’ un parco gioco per tutti gli animali”, pensai. Corsi così velocemente che non presi neanche il mio caffè doppio ed amaro come da sana consuetudine siciliana. Inforcai la mia e-bike, aprii l’app “Trapani e vai” e digitai "parco naturalistico Trapani". Con sorpresa, il punto sulla mappa mi indicava un luogo sul lungomare, vicino a me. Il vento che piegava gli alberi e le palme toccavano quasi terra mi spingeva verso il mare così forte che feci fatica ad evitare la folla che andava nella stessa mia direzione. Una novità è una novità. Come si fa a resistere?

Ringraziai il vento che mi faceva andare più veloce sulla mia e-bike e arrivai tra i primi. C’ero passato non so quante volte dal punto indicato sulla mappa ma, nonostante ciò, abbi grosse difficoltà a riconoscere l’ingresso. Cercai, mi girai intorno. Ero sul punto preciso della mappa ma nulla... Poi, d'un tratto, lo vidi: era perfettamente mimetizzato con la montagna che guarda le isole, perché una gigantesca edera rampicante lo abbracciava. Mi avvicinai, era fatto di quel legno maturo, di ulivi secolari sapientemente recuperati nelle vecchie campagne circostanti. Lasciai la mia e-bike a rifarsi, sorry, a ricaricarsi nella apposita colonnina energetica posta dentro un vaso di terra cotta antica e offerta gratis. Superai l’ingresso e mi ritrovai in un grande piazzale sui cui lati erano posti, regolarmente, diversi accessi multi-infopoint naturalistici.

Al centro, un grande schermo gigante LED circolare dominava la parte alta e forniva un colpo d’occhio fenomenale su tutto il parco grazie ad un loop-circulare of image di piante, animali e palafitte, accompagnato dalle note sibilline musicali dello zufolo, per la precisione u friscalettu, strumento simbolo e principale del folklore siciliano. Affascinato da quella calorosa accoglienza ed eccitato dal posto e dalla curiosità di scoprirlo ed in intrepida attesa per iniziare il tour, come sospeso in un limbo, d’improvviso: “God Save The Queen…. God Save the Queen... God Save The…" irruppe come un tuono nella culla di un bimbo appisolato.

Avevo dimenticato la modalità inglese della suoneria del cellulare. Velocemente lo estrassi dal taschino e lo bloccai di fretta ed imbarazzato, attivando la modalità silenziosa e, senza guardare, lo rimisi subito al suo posto. Il cellulare, però, continuò e continuò a vibrare così insistentemente che, per un attimo, pensai alle mie extrasistoli da eccesso da caffeina. Eppure ancora non avevo preso il mio doppio caffè amaro. La fibrillazione nel taschino continuava imperterrita.

Pensai: ”cu min... è chi scassa i cabbasisi, astura?" Quando qualcosa o qualcuno arriva ad irritarmi al punto giusto, mi viene istintivo di pensare e parlare in siciliano. Ci sento più gusto e, per qualche secondo, mi fa stare meglio. Chi è che insiste? Insomma? Con santa pazienza ritirai fuori il cellulare dal taschino e lessi un numero locale non presente tra i mie contatti.

Risposi: "Pronto, chi parla?"
Voce: "Buongiorno parlo con John Flamingo?"
"Sì" risposi "buongiorno. Chi parla?"
Voce: “Buongiorno e ben arrivato, John, all’Interactive Sicily Park Land, un luogo fantastico ove farete un viaggio fauno-floraistico dalla preistoria ai giorni nostri”.

Rimasi senza parole. Confuso, per meglio dire, e disorientato come in una paralisi emotiva che solo una cascata di sensazioni contrastanti, la stessa che all’inizio caratterizza la sindrome di Stendhal, può procurare. Rimasi immobile e in silenzio per qualche secondo. Avevo letto della sindrome ma provarne i sintomi è terrificante. Ora capisco Marie-Henri Beyle nel suo Grand Tour nel 1817, l’emozione che provò a vedere le opere di Firenze, Roma, Napoli.

La voce continuò: “John, non distrarti con i tuoi pensieri, girati!!!
Mi girai su me stesso ma non vidi nessuno. Ripetè la voce: “John, sono qui, guarda il LED”. Alzai gli occhi. Sul grande schermo uno struzzo che guardava proprio me: mi convinsi di essere in piena crisi di Stendhal.
"No, John, non ti preoccupare, non hai le allucinazioni e non sono una allucinazione. Sono, semplicemente un AVATAR. Il Tuo".
Il mio AVATAR??? Uno Struzzo? Mi sono quasi offeso. Ma poi lo guardai con più attenzione, lui mi guardò e sorrise. Nacque un certa indistinta simpatia. Mi rimase il dubbio. Come fa a sapere cosa sto pensando? Distratto dalla bellezza di ciò che il futuro ci riserva, la mia mente iniziò ad assaporare il miracolo della tecnologia avanzata, sviluppata nella Silicon-Valley siciliana ed al progetto pilota che oggi offre a tutti noi, il parco a Trapani. Avevano realizzato un processo attraverso il complesso sistema di cybersecurity e blockchain che permette la interattività tra gli ospiti e la natura: mentre ti accompagnano nella visita riescono in un lampo a tradurre il tuo bioritmo, la tua storia i tuoi desideri e le tue proiezioni e preoccupazioni. E tradurli. Di ognuno, poi, ne fanno una mirabile sintesi e creano un AVATAR. Sto coso tecnologico capta anche le informazioni a cui più sei interessato attraverso l’analisi dei flussi internet del tuo peregrinare sui social. Le informazioni erano state già trasmesse ad un data base all’ingresso in modalità wireless…dal cellulare.

Lo struzzo: “John se ora dai il consenso sul tuo telefonino mi trasferisco sul tuo display".
Click, accettai: lo struzzo, apparve sul mio display. E disse chiaramente: "In che lingua vuoi che parli?" e subito dopo apparve una tendina a cascata con le ospzioni Siciliano, Italiano, Inglese, Francese, Coreano e Russo. Senza alcun dubbio cliccai Siciliano. Ormai lo capisco, lo scrivo, lo parlo e lo vivo.
E lo struzzo subito: “Grazzie John!!! Onorato sugno di accumpagnariti”.
Il coso, l'avatar... proseguì: "Pronto sei, John?"
Risposi di sì e lui: "Amunìnne, allura. Ti rugno un consigghio, però. Pi nun distrariti manco un secunno, unn’hai bisogno di taliare u display, tanto a 'ntisa ci l’hai bona. Basta sulu chi m’ascuti".
Iniziai a camminare col telefonino in mano, con un occhio sul display ed uno a ciò che mi circondava. Non mi ero mai fidato completamente degli struzzi, figuriamoci ora che lo struzzo era anche il mio avatar.

"Como puoi virire, alla tò sinistra ci sunno i piante chiù antichi da terra…le fecce. I fogghie su tanto beddre chi parono piume. Ai nostri jorna li usano 'nne case como piante di biddrizza. Sunnu piante chi hanno u sistema vascolare. I vini, insomma"
Lo seguivo bene nella descrizione in siciliano ma non volevo sembrare borioso agli occhi di un gruppetto di inglesi che mi guardavano con una certa intensità. In definitiva la mia indole e la mia privacy mi indussero d’istinto ad allontanare quei sguardi indiscreti su di me. Cliccai sul display: "Voi canciare a lingua?" Ed apparvero du opzioni: “nZUU” e "GNorsì”. Cliccai gnorsì ed immediatamente il mio avatar : "Continuiamo, John?" Approvai con un cenno e contemporaneamente notai che il gruppetto di inglesi, sinergicamente, tolsero l’attenzione su di me. Mi sentii subito più libero. "Che gente indiscreta", pensai, e mi venne la curiosità di spere che avatar avessero sul loro display. Manco tempo di pensarlo che il mio struzzo-amico-avatar-cusiritero mi rispose: “Iene”. Sorrisi e lo struzzo continuò: “Fin dai tempi più antichi, sono state considerate un simbolo di abbondanza, ricchezza e buon auspicio".
"Le iene?" chiesi io. E lo struzzo: "Le felci, John, ancora a loro pensi? Dicevo, sono utilizzate a scopi terapeutici, in quanto, secondo vari studi, sarebbero stati dimostrati aspetti positivi per la cura di nausea, dolori e influenza. Inoltre, sono un ottimo alleato per purificare l’ambiente, in quanto hanno un’elevata capacità di assorbimento delle sostanze nocive aeree”.
Appunto, pensai, ottimo per le iene…
E lo struzzo, interagendo con il mio bioritmo ed i miei pensieri: "John ancora deve continuare questa storia?"
Più avanti un gruppo di studenti con avatar dei pulcini seguiva i dinosauri che, animati dal software dedicato, interagivano spiegando la loro natura e grandezza, il cibo di cui si nutrivano. Simulavano, ma sembrava realtà, persino l’impatto del corpo celeste nel golfo del Messico e lo tsunami e gli incendi che ne seguirono, che sollevando in aria miliardi di tonnellate di detriti di ogni tipo, tra cui rocce ricche di zolfo, la cui presenza in atmosfera avrebbe causato il rapido crollo delle temperature, portando all'estinzione  delle specie esistenti, tra cui il nostro Teropode siciliano.

Lievemente rattristito, continuai ad avanzare e mentre camminavo sentivo un rumore di acqua passare sotto i miei piedi. "Che sarà?" Pensai. Lo struzzo subito e preciso: "Caro John nel parco non poteva mancare l’acqua e la vita che custodisce. Seguimi e vedrai". Lo seguii.
Iniziammo ad inoltrarci in una foresta di alberi e palme. Ambiente molto umido, tanto che per la spessa nebbiolina dovuta al vapore che sprigionava si poteva vedere a malapena. Sembrava un luogo magico. Il rumore d’acqua si faceva sempre più vicino ed assordante e d’improvviso davanti a me una cascata. Ero arrivato dietro una cascata d’acqua.
Lo Struzzo: "John camminiamo ancora un pò".
Proseguimmo lungo un viottolo stretto, perché ai bordi era pieno di fiori mai visti coloratissimi, quasi lo nascondevano, che arrivava sulla montagna. Dopo un po’ e a fatica arrivammo su. Mi affacciai dalla terrazza per prendere aria e appoggiarmi sulla staccionata in legno. La vista panoramica di quel posto la porterò sempre nei miei ricordi. Si poteva, con un colpo d’occhio, ammirare il parco nella sua interezza ed estensione, la maestosa cascata, da cui siamo appena passati dietro, che si gettava su un lago immenso popolato dalle creature acquatiche preistoriche. A becco aperto, pardon a bocca aperta, un po’ incredulo, rimasi fermo ed in silenzio ad apprezzare e meditare il sublime.  

Avevo spento il cellulare. Il sole cominciava a calare, quando alcuni americani vicino a me (i cui avatar erano i pellirosse), si avvicinarono a me. Uno di loro giovane e vestito come se tornasse da una festa mi chiese: "Sei Inglese? Ti chiami John?" Risposi di sì e lui mi disse "Scusa per il disturbo ma non riesco a seguire bene il mio avatar guide-tourist perché si inserisce una loop-information, di un avatar-struzzo che urla: “ho perso il mio turista inglese di nome John”. A tutti gli Avatar Guide-Torist: “ Ho perso John, ultimo contatto terrazza. Chiunque è in quel luogo o lo abbia visto prego contattatelo e pregatelo di accendere il cellulare".

Accesi il cellulare, ringraziai il giovane pellerossa che se ne andò orgoglioso e riapparve il mio struzzo. "John," mi disse, "mi ero preoccupato. Dobbiamo ritornare e terminare la visita, sennò perdo il mio upload giornaliero". Iniziammo la discesa.

La struttura forniva agli avatar una ricompensa in aggiornamento software che li avrebbe resi sempre più efficienti e di guadagnare in definitiva più virtual-life. Arrivammo così, davanti ad un prato immenso, una distesa di erba verde, piena di fiori rossi. Ci fermammo un po’, quasi giunti a fine percorso e per godermi ancora un attimo l’esperienza fatta quando i miei occhi si posarono su dei ruderi che in qualche maniera erano stati mal mimetizzati e, non riuscendoci pienamente, disturbavano molto quel quadro della moderna corrente artistica di cyber-illusionismo.

"L’abusivismo edilizio dello scorso secolo" pensai. E lo chiesi subito allo struzzo: "Che cosa è questo?" indicandolo con disgusto. 
Lo struzzo: "Cosa?"
Io: "Quel mostro ecologico davanti ai nostri occhi e mal celato, che rovina questa opera tecnologica avanzatissima".
Lo struzzo: "Quale mostro, non vedo mostri qua".
"Non li vedi?"
E lui, forse non sapendo cosa dirmi precisamente ed anche un po' imbarazzo, mi rispose: "Ora che ci penso sono stati lasciati appositamente qua come monito per le generazioni future. Un parco, in definitiva, è un campo studio e rispetta la pedagogia moderna".
La mia memoria fotografica mi rimandò all’ingresso e alla scritta che avevo letto: “De natura significat de te ipso”, era il motto del parco. Gli organizzatori avevano pensato nei dettagli proprio a tutto. Che gente produttiva. D’altronde siamo a Trapani e non poteva essere diversamente.

Uno struzzo con ambizioni filosofiche, naturalista, che parla siciliano e tutte le lingue che un visitatore desidera. I mostri ecologici didattici. Chi poteva mai immaginarlo? E come faccio a raccontarlo ai miei amici inglesi, non ci crederanno mai.

Rimasi col dubbio sulla risposta evasiva sui mostri ecologici, troppo gattopardiana. Uscii dal parco e prima di riprendere la mia e-Bike, che nel frattempo si era ricaricata, sentii vibrare il mio cellulare: era lo struzzo. La sua testa era avvolta da una nuvoletta, come se l’avesse appena rapidamente estratta da sotto la sabbia, tanto che se ne vedeva la scia. Un difetto del software dell’avatar e quella che ho visto era una nebulosa di pixel, pensai.

“Grazie di essere stato, all’interctive Sicilian park. Spero di riavervi presto, come ospiti”. La disconnessione wireless era avvenuta con il mio Avatar, lo capii dal modo impersonale del saluto. Presi la mia e-bike e allontanandomi dal parco non potevo non pensare ai miei parenti lontani e alla convinzione che ho sempre avuto di loro fin dai primi voli: “Gli struzzi e anche i loro AVATAR non volano e sebbene corrono velocemente, non smentiranno mai la loro leggendaria caratteristica, ereditaria, di nascondersi”. Spensi il cellulare, lo scirocco si era calmato come ogni sera. Me ne ritornai lentamente a casa.

Alla prossima.
Il vostro John Flamingo