La giostra, John Flamingo e l'acqua... altro che Nasi
Un racconto, tra un volo e l'altro, del vostro fenicottere impertinente
Passeggiare tra le vie di Trapani è diventato un piacere.
Tra monumenti, piazze, giardini, il porto e la musica dei violini che si insinua tra le persiane delle finestre socchiuse e addobbate dai gerani colorati e pendenti. Una passeggiata che non ti fa sentire mai solo. Sì, perchè l'atmosfera di una città fa parte della terapia collettiva. Spesso, quando sono a Trapani tra un volo e l'altro, mi piace sostare, sorseggiando qualcosa, in uno dei tanti bar, al sole, lungo le vie del centro ed amo osservare le persone che spensierate passeggiano a gruppetti, dialogando amichevolmente. Ammetto candidamente che questa energia positiva del benessere che si diffonde da questa città mi ha causato una "Trapanidipendenza" da cui non riesco a divincolarmi. Una dose al giorno di Trapani, cioè di buon umore, ha curato la tanta solitudine che mi accompagnava nella nebbiosa e quasi non più mia Londra.
Vi racconto questo fatto. Un giorno, tra la folla ordinata, intravidi due signore, una giovane e l’altra meno, che mi guardavano da lontano con fare mimico ed interrogativo. Iniziai a guardarle pure io. Mi incuriosirono. Stabilito, a distanza, il contatto visivo iniziarono ad avvicinarsi fissandomi sempre più. Altrettanto facevo io, sebbene mi rivolgessi verso la meno giovane, sul cui candido viso sbocciò un sorriso infuocato che esitò in un singhiozzo, udibile non appena arrivarono al tavolino.
Appena giunte al tavolo dove mi ero sistemato la donna anziana esclamò: "Guarda, guarda chi c’è. Hai visto Maria? Non lo conosci?".
A Maria un rosso peperone svampò sul viso sorridente e sorpreso, come caduta dal cielo e apparata dalla terra, come se non avesse mai vissuto a Trapani. Forse, per non lasciar intendere “che tutti sanno di tutti ma non è giusto far pensare male di sè” rispose garbatamente sottovoce, porgendo lo sguardo altrove: "Iò nun sugno intrisichera, mi fazzo sempe l’affare mè. Sempre a casa staio, un saccio nenti, né voglio sapire nenti”. Orgoliosa della pudicità e della discrezione, l’anziana dimostrò con un sorrisino che gradì la risposta della giovane illibata e con fare materno le rivolse il gesto di approvazione. Poi rivolgendosi a me disse: "John, possiamo sederci? Solo due minutini per farti compagnia?" Io, confesso, non le conoscevo, nè ricordavo di averle incontrate prima d'ora, ma la mia cortesia, una dote innata, soprattutto col gentil sesso e per non sembrare scortese, con la mano galante ed alzandomi feci cenno che potevano accomodarsi.
L’anziana donna, ben curata nel viso, era elegantissima con il suo vestito bianco che leggero come un foulard le scivolava sul suo ormai gracile corpo e con un ampio cappello in tinta, così grande da sembrare un ombrellone, che la riparava bene dal sole estivo siciliano.
Rivolgendosi alla giovane Maria aggiunse: “Maria ti presento John Flamingo”.
Maria mi guardò e sorrise mentre mi porgeva la sua elegante mano. Le baciai la mano. "Piacere John".
Maria addrumò arrè, rossa come il sole siciliano:" Piacere".
"John, sei sempre il solito mascalzone", aggiunse l’anziana, togliendosi l’ombrellone, pardon il bianco cappello e poggiandolo sulla sedia libera accanto a noi. "Non ti fare strane idee" disse "noi siamo qua perché dobbiamo raccontarti di una brillante e strabiliante novità a Trapani".
Pensai: “Che mi sono perso?” Dimenticai per un secondo che a Trapani le cose succedono così in fretta che, anche se ci vivi (ed erano due mesi che non mi spostavo neanche di un millimetro dalla provincia), alcune di esse rischi di perderle.
Clotilde, questo il nome dell’anziana. Si era laureata alla Sorbonne di Parigi in idrogeologia. Pronipote di uno dei più importanti geologi francesci Déodat de Dolomieu, uno che nei suoi tanti viaggi nel mondo ed in Italia soggiornò anche a Trapani. Un grande studioso della terra e della sua composizione.
Lei ne aveva ereditato l'indole ed era giunta in Sicilia per effettuare degli studi scientifici. Lasciò Parigi e dopo tanti giri per il mondo conobbe Trapani e decise di restarci per il resto della sua vita. Non aveva avuto la fortuna e il tempo di diventare madre e men che meno si era mai sposata. E così aveva adottato con amore, Maria.
Iniziò a parlare e mi investì, seppur delicatamente ed affascinandomi, con le sue parole: "John, da secoli a Trapani c’era un problema e finalmente lo abbiamo risolto. Tutti i cittadini avranno l’acqua che sarà abbondante e soprattutto sarà anche fonte di energia pulita e gratis. Ho fatto uno studio idrogeologico molti anni fa, iniziando dalle cartografie avute in eredità e sono riuscita a capire il problema. Tutto inizia da una passeggiata, molti anni fa, tra le vie di Erice bassa: mi accorsi che è talmente ricca di acqua che essa sgorga tra le strade cittadine da innumerevoli sorgive, così evidenti ed abbondanti che certi periodi sembrano fiumi. Tanta acqua andava persa e davano la colpa ora ad un sistema di rete idrica obsoleto, ora alla mancata mautenzione programmata, ora al famigerato frutto delle gara pubbliche al ribasso. Niente di tutto questo. Perchè a Trapani ciò non è possibile per la tradizionale correttezza. Questo studio ho portato la pace e la soluzione" disse la scienziata francese "Grazie alle carte di mio bis-bis nonno ho scoperto che il fenomeno è dovuto a delle valvole ipogee labirintiche poste al confine tra due comuni, che impediscono all'acqua di arrivare a trapani. L'acqua scende a valle e dunque ne rimane intrappolata sebbene sia tanta e sufficiente per tutta la popolazione. Devo dirti caro John che qualcuno ancora oggi sostiene, nonostante l'evidenza degli studi, ad una chiusura all’occorrenza e strategica per assetare e allurdare i trapanesi. "Male-ingue, che la scienza ha definitivamente smontato." Per risolvere il problema allora, ho presentato il mio progetto e subito raggiunto l’accordo tra le due amministrazioni è stato approvato in un battibaleno. Ora che ormai sono praticamente una unica città, Trapani ed Erice, un secolare sogno, hanno realizzato, senti, senti John, il primo acqedotto a CICLO INTEGRATO DELLE ACQUE E DELLE ENERGIE. L’acquedotto nasce grazie alla raccolta delle acque del mare dissalata da potenti distillatori, grazie anche alla raccolta delle acque reflue e dell'acqua piovana che creavano gli allagamenti e il dissesto idreologico, e tutta questa acqua si raccoglie attraverso un serie di tubi sotterranei in unico punto di raccolta grande quanto 4-6 palazzi a dieci piani sottoterra e localizzato sotto la stazione della funivia a Erice valle".
"Sotto la funivia???" Sobbalzai tanto che Maria sorrise, perchè stavo cadendo trascinandomi il tavolino assieme ai bicchieri e alle tazzine.
"S^, John. Sotto la funivia, hai sentito bene".
Non sapevo cosa dire. La guardai come si guarda la Madonna a Maggio, quasi commosso. Come se avessi ricevuto la grazia di un suo miracolo.
"Allora, ti spiego: l’acqua, se utilizzata nel modo giusto, fa miracoli e il trucco di convogliare l’acqua verso la stazione della funivia ha un perchè ecologico ed energetico assieme. La funivia nata molti anni fa, quando io non ero ancora a Trapani, anzi non la conoscevo neanche, nel tempo è stata migliorata e modificata. Oggi sotto la cabine sono stati messi dei recipienti che appena giungono alla stazione a valle, contemporaneamente alla apertura automatica delle porte, un tubo come una proboscide aspira l'acqua dall'enorme vasca sottostante la stazione. Chiuse le porte (e dopo che gli ignavi passeggeri si seggono e riempito d'acqua la sottostante tanica), le cabine salgono a monte. Appena in solo 10 minuti raggiungono la vetta, a quel punto scatta la procedura inversa : apertura delle porte, uscita della proboscide e scarico d'acqua nel contenitore-vasca anch'esso di proporzioni enormi sottostante alla stazione di Erice vetta. Immagina, John, il multiplo delle salite delle cabine e ti rendi conto di quanta acqua sale a Erice vetta, in un anno".
"Tutto all'insaputa di tutti". Pensai.
Clotilde continuò: "Tutta questa acqua dal contenitore a monte inizia a scendere attraverso dei tubi, sapientemente mimetizzati con la vegetazione florida e così convogliata si avvia verso i filtri prima e poi subito dopo, attraversa le idroturbine che producono energia. Uscita da qui raggiunge la valle nel contenitore pulito accanto a quello di raccolta e viene distribuita in tutta la città metropolitana Insomma non si perde acqua, non si offende la natura, si produce energia e tutto l'ambiente è nel avvolto nel silenzio operoso. La funivia è alimentata dalla stessa energia che lei stessa produce. Un'opera felice".
Rimasi in silenzio ed attento per tutto il racconto poi mi girai verso Maria, già sorridente come una bimba che vede per la prima volta una bambola e lei mi chiese: "Ti posso dare del tu?" Risposi: "Certo". Continuò, allora, come se mi avesse invitato a giocare: "John la funiva è la giostra di Trapani". Clotilde sorrise e abbracciò teneramente Maria.
Per quanto mi riguarda, quel giorno capii molte ascoltando le due sconosciute e soprattutto capii tantissimo da questa apparente ingenua e naturale, affermazione, della giovane donna. Maria era rimasta una bambina e nonostante l'età continuava sognare quello che i suoi coetanei, diciamo adulti, avevano smesso di fare.
Ma intanto la giostra, come l'aveva giustamente intitolota Maria, aveva risolto il problema dell'acqua: aveva aperto per sempre la valvola che impediva l'acqua di arrivare a Trapani ed aveva risolto anche il caro energia, rendendo indipendente Trapani dalle multinazionali. Maria e Clotilde si alzarono, mi salutarono e continuarono la loro passeggia tra le vie del centro. Ordinai il mio doppio caffè amaro. Rimasi seduto, iniziai a sorseggiare e continuai ad osservare compiaciuto i passeggianti.
Sinceramente, appena torno a Londra penso che non dirò niente ai miei amici inglesi. In fondo non so se ce la meritiamo tutta questa fortuna.
Alla Prossima.
Il Vostro John Flamingo