Make love, No war

Make love, No war

Questo mese di febbraio avevo già scelto la sfaccettatura di cultura della rubrica, ma dati i fatti e il panorama degli ultimi giorni che hanno portato allo scoppio della guerra in Ucraina, non potevo rimanere silente dinanzi a ciò. Dunque, ho deciso di dedicare questa sfaccettatura di cultura a un tema imminente: No war.

Ufficialmente il conflitto russo-ucraino è iniziato il 24 febbraio, quando dopo le settimane che vedevano il presidente Vladimir Putin premere con una propaganda belligerante basata sulla costruzione del nemico ucraino. Inutili sono stati i tentativi di trattazione tra la Russia e la Nato. Le richieste del presidente russo sono state considerate assurde e i tentativi di un confronto diplomatico inutili.

Ma in questa occasione non voglio entrare in merito alla questione e ai motivi che hanno portato dal 2014 l’inizio del conflitto seppur con bassa intensità. Il mio storytelling sarà un invito alla no guerra e a un cessate il fuoco basato sulle atrocità che essa comporta.

Una delle opere a mio avviso più significative sull’argomento è Addio alle armi dello scrittore e giornalista Ernest Hemingway. Un romanzo che nasce dalla sua esperienza personale. Infatti, Hemingway aveva prestato servizio militare negli ultimi mesi della Grande Guerra come conducente dell’ambulanza della Croce Rossa americana. La trama è basata sulla storia d’amore di un giovane americano giunto in Italia durante la Prima guerra mondiale come volontario durante il conflitto diventa comandante della sezione delle ambulanze. È proprio sul campo a contatto con i feriti di guerra e i cadaveri mutilati dei soldati che si rende conto che la propaganda pro-guerra aveva nascosto le atrocità che essa comporta. Non era quel racconto affascinante che gli avevano raccontato. Non c’era nulla di eroico e grandioso in ciò che vedeva, ma solo morte e terrore. L’unico spiraglio di luce in quel buio per il protagonista è stato l’amore. Un amore nato verso una giovane infermiera inglese di nome Catherine. Da prima un rapporto occasionale poi diventato l’unica ancora di salvezza nella quali i due si aggrappano avidamente alla ricerca di qualcosa di vivo in netto contrasto con ciò che stavano vivendo e vedendo. Tuttavia, quella vita parallela a quella che Catherine portava in grembo viene spezzata nuovamente dalla caduca morte.

Lo slogan nato negli anni 60’ contro degli americani in Vietnam: “Make love, not war”, ossia fate “Fate l’amore, non fate la guerra” si aggrappa proprio a questo. La speranza e la trepidazione del battito del cuore scaturito non dalla paura, ma dalla bellezza di emozioni intense e vivide che fanno nascere la passione e il desiderio negli esseri umani.

Un tributo in merito a ciò viene fatto anche dal cantante John Lennon, del gruppo rock-pop di maggior successo in quegli anni The Beatles. Lennon dopo l’ufficiale distacco dalla band aveva aderito in maniera attiva insieme alla compagna Yoko Ono alla campagna pacifista contro la guerra. Riprendendo i cartelloni pubblicitari della campagna affissi in tutta New York e nelle maggiori città statunitensi nei primi anni 70’ registra il brano Happy Xmas (War is Over). Nato come canzone di protesta contro la guerra del Vietnam è successivamente diventato noto tra i più noti classici natalizi. Infatti, nella prima parta i due amanti augurano il buon Natale ai due loro figli. Un augurio al meraviglioso anno che verrà dato che la “guerra è finita”. Un messaggio forte rivolto a tutti nessuno escluso “per i neri e per i bianchi, per i gialli”, “per i deboli e per i forti”. “La guerra è finita, se lo vuoi. La guerra è finita, adesso”.

La guerra finisce se lo si vuole. Ma chi vorrebbe la distruzione e il conflitto tra i popoli? Le guerre che si sono susseguite nella storia e che ancora oggi a colpi di cannone e mitra prorompono sul nostro pianeta non hanno ragione di esistere se non per motivi futili. Leggere i racconti di chi la guerra l’ha vissuta e la racconta con una penna tremante e colma di lacrime e sangue aiuta a capire quanto il “gioco non vale la candela”. A volte essa sembra essere la giusta soluzione a giochi di potere e di principio o di valore. Tuttavia, dietro alle molteplici motivazioni si nasconde il fatto che la violenza e il sangue versato non crea né vincitori né vinti, ma solo carnefici.

Il conflitto considerato da molti esperti fratricida tra Russia e Ucraina è ancora più devastante. Popoli che condividono la stessa cultura e la stessa storia si distruggono soggiogati dai giochi di potere che fanno perno con uno storytelling basato su bugie e menzogne. La costruzione di un nemico è la base su cui si erge il discorso psicotico degli uomini che con la guerra hanno distrutto e sterminato senza alcun freno anche intere popolazioni. Dire che alla guerra c’è sempre rimedio potrebbe essere una via fin troppo semplice da perseguire. Tuttavia, dopo i grandi avvenimenti bellici nella storia degli esseri umani è sconcertante vedere come la violenza sia considerata la soluzione a ogni problematica.

Il caos e le atrocità del conflitto vengono rappresentate in un dipinto che racconta sempre in chiave fratricida i bombardamenti terroristici avvenuti a Guernica, città basca. Guernica dell’artista Pablo Picasso raffigura non solo i bombardamenti aerei da parte dei tedeschi, che appoggiati dalle truppe del generale spagnolo Franco, distrussero la città, ma tutto quello che ne conseguì. È lampante e immediato il dolore nei volti delle figure rappresentate. Lo stile dell’artista rappresenta in maniera calzante le malformazioni dei volti dei civili. Il pianto e le urla sembrano udirsi soltanto alla visione del dipinto.

E come diceva il grande cantautore italiano Fabrizio De André nel suo brano La guerra di Piero: “chi diede la vita ebbe in cambio una croce”. Seppur il dolore e l’umore siano identici al fronte, è “la divisa di un altro colore” che fa imbracciare l’artiglieria e non si “ricambia la cortesia”.

Una canzone anch’essa di tributo alla pace e rifiuto alla guerra che fa riflettere come i soldati difronte al “nemico” devono decidere tra la loro vita e quella del loro avversario. Soltanto in guerra non ci sono scelte e non c’è tempo per “chiedere perdono per ogni peccato”.

Una sintesi perfetta sul significato di ciò che porta la belligeranza: solo “cadaveri dei soldati”.