Figli dell'indifferenza

Figli dell'indifferenza

Restituiti dal mare. Giacciono immobili, coperti dalla sabbia, baciati dai tiepidi raggi del sole. E’ un giorno di primavera a Zuwara in Libia. Tre corpi, due bambini e forse una donna, poco distante i resti di un gommone sgonfio. Chissà in quanto erano, che fine hanno fatto i compagni di viaggio. Le immagini crude, terribili, hanno fatto il giro del mondo, sollevando cori di indignazione. Parole cariche di retorica, destinate a perdersi nel giro di qualche ora nel vuoto delle coscienze dei complici di questo massacro. Quanto vale una vita? Una manciata di voti, accordi sottobanco, soldi che scorrono a fiumi, petrolio. Carne umana che diventa merce di scambio. “Sono ancora sotto shock per l’orrore della situazione. Bambini piccoli e donne che avevano solo sogni e ambizioni di vita. A nessuno importa di loro”,  scrive in un tweet Oscar Camps, fondatore della Ong Open Arms, tra i primi a pubblicare le foto dell’ennesima strage annunciata. Gli scatti sono stati condivisi anche dalla giornalista Nancy Porcya che parla di almeno venti barche messe in mare dai trafficanti negli ultimi giorni. Per il fondatore della Ong spagnola questo aumento delle partenze è il frutto degli accordi che l’Italia ha stretto con la Libia che adesso alza il prezzo, pretende sempre di più. Secondo Amnesty International almeno in 15 mila hanno perso la vita tra il 2014 e il 2019. Morti che chiedono giustizia, mentre l’Italia si prepara a rafforzare gli accordi con il paese Nordafricano. Ancora una volta si sceglie di voltarsi dall’altra parte, di allontanare il problema relegandolo all’interno dei lager libici, mentre la lista dei morti è destinata ad allungarsi. 



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