Esiste un VIP più VIP della mamma? Noi pensiamo di no e dedichiamo il nostro oroscopo a tutte loro

Fateci sapere a quale poesia corrisponde il vostro segno, commentando sotto questo post

Esiste un VIP più VIP della mamma? Noi pensiamo di no e dedichiamo il nostro oroscopo a tutte loro

Oggi dedichiamo il nostro oroscopo dei VIP alle persone davvero importanti ti tutto il mondo: le mamme.
E lo facciamo con le parole di grandi della letteratura. Fateci sapere a quale poesia corrisponde il vostro segno, commentando sotto questo post nella nostra pagina facebook.

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ARIETE:
« E' difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
d'amore, dell'amore di corpi senza anima.
Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l'infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l'unico modo per sentire la vita,
l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…»
Supplica a mia madre – Pier Paolo Pasolini

 

TORO: «Era questa la madre che volevo,
scura e malinconica
lontana dal mondo
ansiosa.
Parla poco e si mangia le parole.
Cade qualche volta e si rialza in fretta.
Era questa la madre che volevo,
scura dolorosa
zoppa
e ho lottato contro le sorelle
ho distrutto i fratelli
perché era questa la madre che volevo,
volenterosa ampia chiusa prigioniera.
Non volevo altra madre che questa,
capelli mai cresciuti che non trovano
forma né pace, la copia trasandata
di se stessa, sfatta di dolcezza,
l'unico lusso era la sua fuga
davanti allo specchio
mentre si vestiva.
Davanti allo specchio mentre si vestiva
lo sguardo le si divaricava
perduto in un'immagine futura,
la prima ladra in lei riconoscevo
che mi rubava l'immagine sicura
e la portava fuori e regalava
quello che solo mio essere doveva. »
Madre - Patrizia Cavalli

GEMELLI:  «Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d’acqua, bruciano di neve;
non sono triste nel Nord: non sono
in pace con me, ma non aspetto
perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
come tutte le madri dei poeti, povera
e giusta nella misura d’amore
per i figli lontani. Oggi sono io
che ti scrivo.» – Finalmente, dirai, due parole
di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
lo uccideranno un giorno in qualche luogo. –
«Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
di treni lenti che portavano mandorle e arance,
alla foce dell’Imera, il fiume pieno di gazze,
di sale, d’eucalyptus.
Ma ora ti ti ringrazio, questo  voglio,
dell’ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m’ha salvato da pianti e da dolori. [..]»
Lettera Alla Madre di Salvatore Quasimodo

 

CANCRO: « Le madri non cercano il paradiso,
il paradiso io l’ho conosciuto
il giorno che ti ho concepito.
Perché vuoi morire?
Non ti ricordi la tua tenera infanzia
e quanto hai giocato con me?
Perché vuoi inebriarti della tua anima?
Tu stai uccidendo tua madre
eppure non riesco a dimenticare
i gemiti del parto.
Anch’io quel giorno sono morta
quando ti ho dato alla luce,
tu sei peggio
di qualsiasi amante figlio mio
tu mi abbandoni. »
Le madri non cercano il paradiso - Alda Merini

 

LEONE: « Avere un figliolo
tra l’altro unico
che vuole fare il poeta professionista
è una roba che una madre
non glielo augurerebbe neanche al suo peggior nemico
la pensione è uno dei chiodi fissi che ha mia mamma
“mamma, la pensione, noi poeti, è una roba che esula, mamma” le dico “mamma, noi poeti ci fanno senatori a vita, noi poeti ci fanno le statue, ci fanno le piazze, mamma noi poeti la pensione è una roba che mica ci possiamo pensare che sennò ci scappa via l’ispirazione”
a quel punto li, normalmente mia mamma cerca di percuotermi
con un mestolo di ghisa
ma quasi mai mi prende
poi si siede e guardando nel vuoto dice: “carmina non dant panem”
che in italiano corrente significa più o meno “ si, ma con la poesia col cazzo che ti paghi luce, gas, telefono, assicurazione auto, dentista, idraulico, rata del mutuo e/o affitto”
fare il poeta al giorno d’oggi
è un lavoro duro
fare la mamma del poeta, anche
ve lo assicuro »
La mamma del poeta  - Guido Catalano

 

VERGINE: «Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti si’, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
 Nel ventre tuo si riaccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’eterna pace
così è germinato questo fiore.
 Qui se’ a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar senz’ali. »
Vergine madre, figlia del tuo figlio - Dante Alighieri

 

BILANCIA: «Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfioran le lacrime e gli affanni:
mia madre ha sessant'anni,
e più la guardo e più mi sembra bella.
Non ha un accenno, un guardo, un riso, un atto
che non mi tocchi dolcemente il core;
ah, se fossi pittore,
farei tutta la vita il suo ritratto!
Vorrei ritrarla quando china il viso
perch'io le baci la sua treccia bianca,
o quando, inferma e stanca,
nasconde il suo dolor sotto un sorriso
Pur, se fosse il mio priego in ciel accolto,
non chiederei di Raffael da Urbino
il pennello divino
per coronar di gloria il suo bel volto;
vorrei poter cangiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei,
veder me vecchio, e lei
dal sacrificio mio ringiovanita. »
A mia madre – Edmondo De Amicis

SCOPRIONE: « E il cuore quando d'un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d'ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all'eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m'avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro. »
La Madre – Giuseppe Ungaretti

 

SAGITTARIO: « Madre Dolcissima,
Sanno di tramonto queste ore aliene
A me stessa.
Fuori da queste mura familiari,
Rifugio e prigione,
Gravida di storie è la vita:
Tutte diverse,
Tutte così simili in fondo.
E scopro le tue parole.
Madre Dolcissima,
La vita fuori di qui
È folle equilibrio.
Ritorno al tuo sorriso,
Ristoro alle mie pene,
Orecchio alle mie_angosce.
Ritorno al tuo abbraccio a sera
Prima di lasciarmi andare alla Notte. »

Madre Dolcissima - Mara Sabia


CAPRICORNO:  A mia madre
«Tu che conosci l’antica pazienza
di sciogliere ogni nodo della corda
e allevi un pioppo zingaro venuto
a crescere nel coccio dei garofani,
lascia ch’io senta in te, come la sorda
nenia del mare dentro la conchiglia,
la voce della casa che il perduto
tempo ha ridotto in cenere.
Ma è cenere di pane scuro, sacro,
– quello che alimentavi col tuo soffio
nel forno buio della guerra – e reca
imperitura in sé la filigrana
dei tuoi ciliegi dilaniati.
L’allegria rialza la sua cresta
di galletto sui borghi desolati,
come il lillà che ti cresce alle spalle
passo a passo, baluardo sul massacro.
Raccogli ancora e sempre il pigolante
nido abbattuto dal vento di marzo
e ripara le falle della chiglia.
Nessuno è senza casa se l’attende
a sera la tua voce di conchiglia. »  
L’antica pazienza - Maria Luisa Spaziani

ACQUARIO: « Casta, santa, brava, allatta, alata gatta, cavalla, capra (narra Saba).
Fa sana panna, sala la pappa al baccalà, la dà alla panza, alla garganta, all’amata ragazza nata. Canta la nanna.
S’alza all’alba, s’attarda, abbassa tarda la lampada, ramazza, s’arrabatta, paga la rata.
Salda, parca, accatta la patata, la castagna, l’ananas, la lasagna, l’anatra, la bacca, la lana, la matassa all’arca, alla cassapanca.
Mamma: apax.
Accastata, ama papà. Ma a gara l’Altra trama la cabala, Magdala da sassata, stramba, laccata, balzana prava da caldana, barbara atta al marasma.
Pazza papà assalta, matta n’allarga la patta, la gratta, n’azzanna la palla, la slappa, la palpa, la bagna, la sbrana Avvampa affannata, s’aggrappa alla barba, attratta accavalla l’anca anarca, alza la gamba… Ah la gazza fa gazzarra!
La casa? Spaccata, affamata. La mamma s’adatta. Ammalata d’asma, avanza stanca, la scarpa da panda, slabbrata, scalcagnata, la larga casacca strappata, la spalla abbassata.
Annaspa affranta, casca dalla scala, almanacca, s’allarma ch’accada la frana, la valanga, la cataratta all’altana, alla capanna.
Alza lagna alla navata. anta: aspra ed astra. […]
Accaldata d’afa vasta alla savana, passa all’ambra araba, all’armata afra – aspra masnada, amalgama d’abracadabra, casamatta, santabarbara d’Ambaradam.
Basta. Amara, s’ammazza all’Asmara. Cala la bara»
La Mamma – Umberto Eco

PESCI: « In te sono stato albume, uovo, pesce,
le ere sconfinate della terra
ho attraversato nella tua placenta,
fuori di te sono contato a giorni.
In te sono passato da cellula a scheletro
un milione di volte mi sono ingrandito,
fuori di te l’accrescimento è stato immensamente meno.
Sono sgusciato dalla tua pienezza
senza lasciarti vuota perché il vuoto
’ho portato con me.
Sono venuto nudo, mi hai coperto
così ho imparato nudità e pudore
il latte e la sua assenza.
Mi hai messo in bocca tutte le parole
a cucchiaini, tranne una: mamma.
Quella l’inventa il figlio sbattendo le due labbra
quella l’insegna il figlio.
Da te ho preso le voci del mio luogo,
le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
da te ho ascoltato il primo libro
dietro la febbre della scarlattina.
Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco,
a finire parole crociate, ti ho versato del vino
e ho macchiato la tavola,
non ti ho messo un nipote sulle gambe
non ti ho fatto bussare a una prigione
non ancora,
da te ho imparato il lutto e l’ora di finirlo,
a tuo padre somiglio, a tuo fratello,
non sono stato figlio. [..]»  
A mia Madre - Erri De Luca