Eutanasia legale, riflessioni a margine

Dopo la dichiarazione di inammissibilità del referendum

Eutanasia legale, riflessioni a margine

Due sono le riflessioni che facciamo a seguito della dichiarazione di inammissibilità del referendum sull'eutanasia legale - che è il protocollo medico applicato per condurre un individuo al decesso, con l’intento di far cessare le sofferenze del degente che per la propria patologia, non ha la possibilità di guarire -. In primo luogo, una considerazione va fatta sui parlamentari, eletti dal popolo ed in vece ed in rappresentanza dello stesso, che, negli anni, non hanno mostrato interesse alcuno nel discutere e legiferare  sull'eutanasia ed il suicidio assistito, nonostante l’indicazione della Corte Costituzionale nella sentenza Cappato, dove ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente” , il così detto aiuto al suicidio. L’inoperatività parlamentare ha violato, in qualche modo, il “patto di fiducia” tra eletti ed elettorato, che - specifichiamo -  è cosa diversa dal “vincolo di mandato” vietato dalla legge. Quindi, oggi, ci lamentiamo ed a ragione. Ci lamentiamo perché non ascoltati. Ci lamentiamo perché non ci sentiamo adeguatamente rappresentati. Di queste lamentale, però, tocca che ce ne ricordiamo anche - e soprattutto - quando saremo chiamati alle urne. Alla resa dei conti. Il giudizio finale. Promossi o rimandati (a casa).  

L’altra considerazione va fatta sulle oltre un milione e 200 mila persone, molte di più rispetto alle 500 mila firme necessarie per i referendum, che durante i mesi estivi si sono recati ai banchetti di raccolta firma per lasciare la propria, e che in questo momento devono, invece, firmare un armistizio con uno spettro di emozioni negative, tra cui la collera, il senso di rifiuto, l’insofferenza, la sofferenza a la tristezza da cui sono state assalite dopo il comunicato stampa della Corte Costituzionale. Il documento dichiara “inammissibile il quesito referendario perche´, a seguito dell’abrogazione, ancorche´ parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili". Un responso inaspettato anche alla luce dell’attuale art. 75 Cost. secondo cui sono solo tre le materie a non poter esser sottoposte al referendum: Leggi tributarie e di bilancio, Leggi di amnistia e indulto, Leggi di autorizzazione a ratificare dei trattati internazionali.

Alla base del dibattito sull’opportunità o meno di praticare l’eutanasia vi sono, da sempre, diverse posizioni di tipo morale, etico e religioso. Unico elemento comune nell’eutanasia è il concetto di autodeterminazione, ossia la volontà esplicitamente espressa dalla persona di giungere al termine della propria esistenza. Sia nell’eutanasia attiva che in quella passiva, la volontà del paziente deve essere preventivamente accertata dai medici. La prima si configura quando il medico su richiesta del paziente ed alla presenza di determinate condizioni (malattia terminale, dolori insopportabili, stato vegetativo, cure non disponibili, etc...) fa l’iniezione letale ed aiuta a morire il paziente. La seconda, invece, prevede l’interruzione dei trattamenti sanitari e dell’alimentazione forzata. In merito, riteniamo che non si possa parlare di “accanimento terapeutico” bensì l’accanimento è contro la volontà espressa dal soggetto, la cui libertà di scelta è, dovrebbe essere, inopinabile. Per carità, non siamo tenuti a condividere tutte le scelte, non sarebbe neppure plausibile laddove oltretutto non abbiamo alcuna percezione e cognizione reale dello stato di sofferenza, ma siamo convinti che basti avere molto meno per comprendere che ognuno fa le proprie scelte, senza togliere niente a nessuno, ed avere l’onestà l’intelligenza anche emotiva di rispettarle. Fine.