Trapani, le opportunità perse e da non mancare

Intervista all'architetto Christian Farsaci

Trapani, le opportunità perse e da non mancare

Nella classifica della qualità della vita 2020 delle città italiane, secondo l’ultimo studio svolto dall’ Università La Sapienza di Roma, Trapani si trova al 95esimo posto. Nessuna novità direte. Eppure, c’è stato un momento in cui Trapani ha vissuto “quel senso di “prospettiva” che animò quei mesi del 2006 che da lì a poco avrebbero condotto all'apertura del più importante tra gli eventi sportivi di vela al mondo e che avrebbe consegnato ai media un’immagine di internazionalità alla città”.
Opportunità sulla quale si sofferma l’architetto Christian Farsaci il quale, in un suo recentissimo post su Facebook, ha spiegato le motivazioni per cui ha deciso di ringraziare ma rifiutare la proposta di alcuni colleghi di partecipare al partenariato  per la produzione di  idee e progettazione sul porto di Trapani.
Cosi, ci siamo concessi l’opportunità di poter approfondire insieme la sua riflessione. 

Quali sono le dinamiche che ruotano attorno all’organismo città - porto?
Per gli urbanisti di professione, la città è un organismo. Trapani è un organismo particolare e delicato. Ad esempio, il porto si trova tra le saline ed il centro storico. Ed un concorso di idee deve essere necessariamente supportato da delle precise linee guida, a seguito di un reale studio, su quelle che sono le connessioni  tra la città fluida e la città di pietra, che deve però fare l’ente”.

Cosa intende per condizioni normali in cui poter spendere la propria professionalità?
Trapani, ad oggi, è oggetto di cambiamenti radicali per cui sarebbe necessaria  una cabina di regia per evitare di avere una “città macedonia”. Se l’assessorato regionale non dialoga con l’Autorità Portuale o le Ferrovie Dello Stato, il grosso rischio è quello di avere delle utilità in contraddizioni che non funzionano, o comunque dei  benefici immediati ma dannosi nel lungo termine perché non pianificati".

Quali sono stati gli elementi essenziali della prospettiva che animò i mesi del 2006?
Il quadro astrale dal punto di vista della politica è stato sicuramente importante, una giunta con lo stesso intento".

Oggi, secondo lei, perché ed in che modo si è persa quella stessa prospettiva?
Oggi manca una coesione tra impresa, cultura e politica. Neanche noi progettisti  crediamo al cambiamento della nostra città. Manca il quadro complessivo su qual è l’obiettivo generale. Se si vuole crescere ci vogliono delle basi e  l’identità dei luoghi va definita. “Trapani, cosa vuoi fare da grande?”  

In assenza  di una “visionaria prospettiva” ritiene Trapani poco umile o poco coraggiosa?
No, non manca il coraggio, ma ci vuole una presa di coscienza delle proprie capacità. Da un lato va sradicata la cultura del sospetto, del  torna conto personale,  quando invece c’è chi è disposto ad immolarsi per il bene della città, e dall’altro verso va stimolato il senso di appartenenza affinché la comunità non si appiattisca sul sistema politica. E’ necessario un dialogo edificante tra pubblico e privato".  

Al termine di questo confronto l’impressione generale che ci è stata confermata è quella di una Trapani che, in attesa di capire se e cosa diventare , ad esempio “paradiso turistico” o “paradiso industriale”, resta ancora un patrimonio potenzialmente fertile mal coltivato. Un po’, ci verrebbe da dire, come ognuno di noi quando pretendiamo il meglio ma non siamo disposti a scavarci dentro, a mettere in discussione le nostre potenzialità, ad accettare i nostri limiti ed ad imparare dai fallimenti (affinché la storia non si ripeta).  A supportarci e sopportarci a vicenda come insegnano le relazioni più longeve, in cui si resta per evolversi insieme anziché andare via puntando il dito.
Allora, forse è proprio il caso di dire, senza volercene, “Trapani, non sei tu…siamo noi”.

Trapani, le opportunità perse e da non mancare