La lettera della vedova del prefetto Sodano: «Affermare che oggi lo Stato ha vinto e che la mafia è un ricordo è rischioso»

Maria Sodano: "Giustizia è stata fatta? Assolutamente no fino a quando non sarà resa dignità ai veri servitori dello Stato"

La lettera della vedova del prefetto Sodano:  «Affermare che oggi lo Stato ha vinto e che la mafia è un ricordo è rischioso»

Sono trentadue i giorni che separano l’arresto dell’ex senatore forzista Antonio D’alì dall’arresto dell’ex superlatitante Matteo Messina Denaro. Venti sono gli anni invece trascorsi da quando l’ex prefetto di Trapani, Fulvio Sodano, venne trasferito ad Agrigento, proprio per mano dell’allora sottosegretario all’interno del Governo Berlusconi, D’alì, che convinse l’allora ministro Pisanu. Nomi e vicende che si intrecciano con la storia della Calcestruzzi Ericina. La mafia voleva rimettere le mani sull’azienda confiscata all’allora capomafia di Trapani, Vincenzo Virga. A far fallire i piani, proprio il prefetto Sodano che nel corso di un incontro proprio con l’ex senatore forzista venne avvisato: ”Io ho carta bianca su trasferimenti e nomine”. In seguito all’arresto di Matteo Messina Denaro, la moglie di quello che è stato considerato il prefetto del popolo, Maria Sodano, ha voluto appuntare in una lunga lettera sensazioni ed emozioni, sottolineando il singolare tempismo tra l’arresto del senatore e quello del capomafia della provincia trapanese. 

Il testo integrale della lettera di Maria Sodano 

"Forse deluderò molti nel pensare senza tentennamenti che in quella di oggi leggo una rivincita un po' più sociale legata ai cittadini onesti più che statale, pur riconoscendo un grande merito all'Arma dei Carabinieri.
 
La lunga latitanza di Matteo Messina Denaro, peraltro preannunciata da un po' di tempo dai media (e quindi mi stupisce lo scalpore) è frutto di coperture e fiancheggiatori soprattutto all'interno di un mondo politico istituzionale corrotto e connivente che stenta a venire allo scoperto, una sfida tuttavia resa meno impossibile perché semplicemente è crollato il sistema, sono venute meno le protezioni importanti grazie alla cocciutaggine di qualche Magistrato fedele che le ha indebolite con la condanna di soggetti che ne garantivano la latitanza. È così difficile comprenderlo?
 
Ma lo Stato ha vinto veramente?
 
Dopo 30 anni personalmente sarei cauta agli eccessi di clamore, ripeto senza togliere il grande merito a quanti oggi hanno contribuito alla cattura.
A mio avviso bisognerebbe fare un lavoro di prevenzione sul territorio e sulle reti di relazioni per smascherare le connivenze e gli infedeli servitori dello Stato che spesso si annidano lì dove è possibile esercitare il potere.
Cercarli dopo lascia il tempo che trova.
 
Affermare che oggi lo Stato ha vinto e che la mafia è un ricordo è molto azzardato e rischioso.
 
Lo Stato può dire di vincere solo quando riconoscerà Giustizia, Verità e Dignità ai suoi uomini migliori, molti dei quali oggi non ci sono più, involontariamente divenuti eroi.
 
Solo motivati da un forte credo personale hanno lottato, denunciato con coraggio nomi eccellenti della criminalità organizzata ma anche soggetti all'interno delle Istituzioni dai comportamenti certamente distanti dai valori di autentica Giustizia e Legalità, ma non sono stati creduti. Ciò avrebbe consentito di mettere in luce molte verità inquietanti, di smantellare certe strane e anomale alleanze.
Hanno esposto a rischio le loro vite per sconfiggere quel sistema, nella lucida consapevolezza di essere isolati e abbandonati da chi doveva proteggerli, consegnandoli così alla mafia.
 
Lo Stato che sapeva e taceva, uno Stato omertoso, complice che sceglie di rendere martiri e perseguitare i suoi uomini migliori.
 
Spero che spinti dal volere del popolo si porti avanti quello che la nostra Costituzione afferma ma che non sempre ad oggi è stato garantito: il diritto alla Giustizia, altrimenti si rischia di svuotare ancora di significato l'operazione di oggi.
Per la mia esperienza familiare ho sempre ritenuto che si sarebbe giunti alla cattura di Matteo Messina Denaro conseguentemente all'arresto per concorso esterno in associazione mafiosa di un noto soggetto appartenuto alle Istituzioni.
Della notizia del suo arresto risalente a circa un mese fa, ostacolato fino alla fine, si è cercato di contenerne la diffusione.
 
Non doveva fare scalpore seppure risaputo e confermato da atti giudiziari di avere mantenuto rapporti in affari con lo stesso Matteo Messina Denaro e la sua famiglia.
Il suo ruolo istituzionale e politico ricoperto per anni gli ha consentito, abusando indisturbato, di avere "carta bianca" nell'assumere certe "decisioni" a propria convenienza nel settore della Giustizia, nel mondo degli affari, cacciare via i soggetti a lui scomodi, spiare e depistare le indagini, insomma padrone di gettare la Giustizia nella fogna.
Il 13 marzo 1993 Matteo Messina Denaro, in occasione della deposizione per l'omicidio di Francesco Accardo presso il Tribunale di Marsala dichiara di svolgere l'attività di agricoltore nelle tenute del soggetto delle Istituzioni (Contrada Zangara di Castelvetrano (vedi documenti processuali) e che uno dei fratelli ha lavorato alle dipendenze della Banca Sicula della famiglia del suddetto importante soggetto.
Per tornare alla mia disumana esperienza familiare, una certa parte dello Stato, con precisa volontà, per convenienza e/o per vigliaccheria, piuttosto ha preferito isolare e abbandonare al suo atroce destino un suo vero fedele servitore il Prefetto Fulvio Sodano che con coraggio ha pubblicamente denunciato quel noto soggetto delle Istituzioni, gli ha negato il dovuto sostegno pur in presenza di una atroce malattia, senza pietà, rendendola così più atroce fino alla morte.
Lascio ogni riflessione agli umani con cuore.
 
Giustizia è stata fatta?
Assolutamente no fino a quando non sarà resa Dignità ai Veri Servitori dello Stato e che lo Stato continua a non riconoscere e fino a quando non avrà cacciato via la mafia all'interno dei suoi apparati, fino a quando consentirà in maniera incontrollata a certi suoi uomini di agire in assoluta libertà, consentendo loro di istituzionalizzare e legalizzare certi comportamenti distorti che hanno dimostrato favorire la criminalità organizzata.
 
Mi chiedo da cittadina e da familiare vittima innocente di tali connivenze, cosa vuol dire fare prevenzione.
 
Personalmente senza presunzione di fare lezione di Giustizia e Legalità ma semplicemente come tanti cittadini onesti credo che fare prevenzione possa significare agire sul territorio costantemente con trasparenza, cercando da subito di individuare i fiancheggiatori che spesso la storia ha dimostrato essere lì dove non dovrebbero assolutamente stare, nei centri di potere.
Da decenni si studiano le organizzazioni della mafia, se ne è interpretato il loro comportamento e le loro regole grazie al contributo di qualche Collaboratore di Giustizia. Si continua a ripetere che i boss di un certo calibro, da latitanti non si allontanano dal loro territorio per mantenerne il potere, l'esperienza della cattura di Toto Riina e Virga lo confermano. E allora perché lo si è cercato soprattutto all'altro mondo?
Eppure circolava con disinvoltura nel suo paesino e dintorni ed era facilmente riconoscibile e somigliante ai tanti identikit".