Mafia. Processo D'Alì, si amplia l'istruttoria in appello con nuovi testi

Ordinanza della Corte di Appello in vista dell'udienza del prossimo 8 luglio

Mafia. Processo D'Alì, si amplia l'istruttoria in appello con nuovi testi

Nuovi testi saranno ascoltati a partire dalla prossima udienza dell’8 luglio, nel processo di secondo grado all’ex senatore trapanese Antonio D'Alì, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Lo ha stabilito la Corte di Appello di Palermo, con una ordinanza depositata oggi, sciogliendo la riserva sulle richieste avanzate dal procuratore generale Nico Gozzo e dalla difesa dell’imputato.

I giudici hanno disposto le audizioni dell’ex moglie di D’Ali, Maria Antonietta Aula, della vedova del prefetto di Trapani Fulvio Sodano, Maria Augello, del sacerdote Ninni Treppiedi, ex direttore dell’ufficio economato della Diocesi di Trapani, nonché del collaboratore di giustizia di Villabate, Francesco Campanella, e del tenente colonnello del Ros dei Carabinieri, Lucio Arcidiacono, al fine – si legge nell’ordinanza – di ampliare l’istruttoria.

La Corte, inoltre, ha ammesso l’acquisizione di alcuni atti istruttori depositati dai legali di D’Alì, tra cui le dichiarazioni dell’ex prefetto di Trapani, Giovanni Finazzo (morto il 5 agosto dello scorso anno precipitando dal balcone della propria abitazione) e sarà acquisita anche la sentenza di condanna del boss mafioso di Calatafimi, Girolamo Scandariato, arrestato nell’operazione “Pionica” del 2018 e condannato a sei anni e otto mesi di reclusione (nell’ambito dello stesso processo in cui venne condannato a nove anni l’imprenditore alcamese Vito Nicastri, definito “re dell’eolico”).

Maria Antonietta Aula, in particolare, dovrà essere ascoltata in merito ad una sua ritrattazione rispetto a quanto raccontò in una intervista rilasciata alla giornalista Sandra Amurri, riguardo ad un telegramma che sarebbe arrivato all’ex marito da parte di uno dei figli del boss trapanese Vincenzo Virga.

La vedova Sodano, invece, verrà sentita a proposito del trasferimento del marito, dalla Prefettura di Trapani a quella di Agrigento, avvenuto nel 2003 su decisione del Governo Berlusconi, quando il senatore D’Ali era sottosegretario all’Interno.

Saranno anche approfondite le presunte pressioni esercitate dall’allora senatore per il trasferimento del vice questore Giuseppe Linares, ex capo della Squadra Mobile che passò a dirigere la Divisione Anticrimine della Questura di Trapani prima di essere trasferito alla Dia di Napoli.

Quello in corso è il secondo processo di appello a carico di Antonio D’Alì, dopo la sentenza della Cassazione che ha annullato la sentenza di assoluzione e prescrizione precedentemente pronunciata dal giudice di primo grado e dalla Corte di Appello. L’ex senatore, intanto, dall’agosto dell’anno scorso si trova sottoposto all’obbligo di dimora a Trapani, per decisione della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, perché riconosciuto “socialmente pericoloso”, avendo “mostrato di essere a disposizione dell’associazione mafiosa Cosa nostra e di agire nell’interesse dei capi storici (...) come il latitante Matteo Messina Denaro e Salvatore Riina” hanno scritto i giudici nel provvedimento, lungo 321 pagine, ritenendo “evidente come D’Alì abbia utilizzato, al fine di soddisfare gli interessi del sodalizio, la funzione di senatore".