Trapani, l’Unione Provinciale delle Donne si tira fuori dalla Commissione Pari Opportunità
La lunga lettera della presidente dell'UDI, Valentina Colli
L’UDI di Trapani, Unione Donne Italiane, si ritira dalla Commissione Pari Opportunità con una lunga lettera indirizzata al sindaco e alle Istituzioni competenti. Che riportiamo per intero a firma della presidente provinciale Valentina Colli.
“Abbiamo atteso quasi due anni. Con fiducia e responsabilità, tentando di aprire delle discussioni sui temi e di affrontarli. Abbiamo preso calci in faccia, più su un piano personale in assenza di politica.
Nel 2017 e, successivamente, nella campagna elettorale del 2018, l’UDI di Trapani chiese con forza ai candidati, qualora eletti, di istituire la Commissione Pari Opportunità cambiandone il regolamento. E Quando due anni fa, di questi tempi, venne portato in Consiglio il nuovo regolamento, non solo ne fummo felicissime, ma mettemmo le nostre risorse, le nostre conoscenze, la nostra storia di movimento femminista a disposizione dell’Amministrazione e del Consiglio tutto.
Ora, sommessamente, vorrei ricordare che l’Unione Donne in Italia è un movimento politico che esiste dai tempi dei Gruppi di Difesa delle donne partigiane, di cui hanno fatto parte Tina Anselmi e Nilde Iotti, alle cui lotte si devono il voto alle donne, la legge sul divorzio e la 194/78. L’UDI dal 1945 non ha mai smesso di lottare, di formare donne femministe, combattenti per i diritti di tutti e tutte, nel superamento delle sperequazioni sociali e nella realizzazione di un welfare di parità. In questo territorio siamo presenti nelle scuole di ogni ordine e grado, con progetti che vanno dall’educazione sentimentale al Treno della Memoria; collaboriamo con centri antiviolenza, stiamo per strada, in trincea, ogni giorno, ogni sera, ogni festa. Ci formiamo continuamente, ci confrontiamo, anche con le più alte istituzioni dello Stato – dal recepimento della convenzione di Istanbul, alla legge sul femminicidio, quella sul caporalato e le dimissioni in bianco; la legge sull’educazione sentimentale, la democrazia paritaria, i congedi di paternità; la legge sulle unioni civili e, last but not least, il ddl Zan. Insomma, oso dire che l’UDI sia “sul pezzo”. In tutta Italia, ed in special modo a Roma e Milano con realtà importanti, abbiamo contribuito alla realizzazione di Commissioni Pari Opportunità moderne ed in linea con le direttive europee. Inutile rinvangare che, al momento dell’approvazione del nuovo regolamento a Trapani avanzammo le nostre perplessità: che furono liquidate dal Sindaco e dall’Assessora competente in malo modo. Tuttavia, e nonostante il Sindaco lo abbia pubblicamente ritenuto inopportuno, aderimmo alla Commissione Pari Opportunità: perché in quale altro contesto avrebbe dovuto stare l’UDI? È nostro compito stare nel gorgo e praticarlo. Purtroppo, più che un gorgo, la Commissione si è rivelata per quello per cui era stata concepita: un insieme di persone con competenze disparate, spesso poco o per nulla attinenti al ruolo ed agli obiettivi di una Commissione Pari Opportunità. Purtroppo, ci duole constatare che la Commissione non ha prodotto alcun risultato ne alcuna iniziativa con ricadute pratiche sul territorio. La Commissione P.O. non ha delle posizioni chiare e nette su temi che, in realtà, dovrebbero essere dati per acquisiti. In questo anno e mezzo – di cui non si è riunita per circa otto mesi per motivazioni sconosciute – non abbiamo mai compreso quale fosse la posizione della CPO rispetto alla L.194/78, per esempio. La nostra provincia, col più alto numero di obiezione di coscienza, ha affrontato battaglie importanti, come il registro dei bambini mai nati a Marsala: a Trapani, davanti al patrocinio dell’amministrazione ad eventi contro la Legge 194, questa Commissione non ha battuto un colpo. Non si è minimamente posta il problema delle violenze ostetriche, evidenziate da molti organi di stampa. O di come le donne abbiano affrontato la solitudine nei ricoveri durante e post Covid. Del problema dell’Iva farmacologica e la possibilità di somministrazione nei consultori, magari sollecitando un atto di indirizzo dell’amministrazione. La creazione di punti luce educativi nei quartieri popolari. Non si è posta il problema che, in una Giunta di 10 persone, ci siano solo due donne o che non esista un bilancio di genere (se non ciò che potrebbe derivare dalla democrazia partecipata, che è evidentemente un’altra cosa). Per ultima, La storia di Martha, la ragazza clochard nigeriana: la Commissione non ha neanche pensato di confrontarsi coi Servizi Sociali, verificare lo stato dell’arte, capire se e come poteva contribuire al miglioramento del problema. Non ha avuto reazioni davanti ad avvenimenti terribili come lo stupro avvenuto alle Mura di Tramontana, che non fosse uno sterile comunicato di circostanza sollecitato dall’Assessora. Non si scomoda minimamente ad affrontare una discussione sull’ultimo naufragio al largo di Crotone, che ha restituito centinaia di morti, tra cui donne e bambini. Ci siamo velate il capo in solidarietà delle donne afghane nell’estate 2021, senza interrogarci sul grande diritto di queste donne e di questi popoli, quello alla mobilità. Il perché di questa abulia è presto detto: questa Commissione non è autonoma. Non solo non è in grado di riunirsi senza la presenza o il placet dell’assessora, ma non puó prendere iniziative o rilasciare dichiarazioni pubbliche che non siano concordate. O anche meglio, indirizzate. Infatti, questa Commissione non ha avuto la capacità neanche di dipingere una retoricissima panchina rossa il 25 novembre. Per bissare il prossimo 8 marzo, accodandosi ad una iniziativa del Comune, fatta intestare a giovani studenti che, guarda caso, militano nel partito del Sindaco e ne stanno sostenendo una lista, e che non ha alcuna attinenza con la Giornata Internazionale della Donna, ma andrebbe benissimo tutti gli altri 364 giorni.Senza riuscire a proporre nessuna iniziativa propria, neanche una banalissima presentazione di un libro. A nostro parere, queste sono mancanze gravi. Una CPO non è proprietà né strumento di propaganda di un’amministrazione. L’amministrazione non può decidere chi può o non può partecipare, anche in seno alle associazioni aderenti, in base a contentini e gratificazioni da elargire. Perché questo significa non dotare la CPO di persone formate sul tema, che sappiano redigere un’agenda politica e sappiano collaborare proficuamente con il Comune, in libertà di pensiero e giudizio. Significa che i grandi temi sulla parità di genere devono essere affrontati solo a seconda dei desiderata dell’amministrazione in carica, secondo esigenze di opportunità ; significa che non può confrontarsi col Consiglio Comunale, nel quale dovrebbe avere dei riferimenti, o con altri assessorati come i Servizi Sociali nella autonomia e libertà costitutiva e di mandato. Inutile sottolineare che tutto questo non è esplicitato nel regolamento, dal quale si desume solo la grande confusione nella cooptazione di associazioni che vanno dall’UDI, all’Arcigay, alla Fidapa, all’insegnante designAta da una scuola o dal diciassettenne rappresentante degli studenti, che dovrebbe più pertinentemente essere coinvolto in una consulta giovanile. E non si capisce perché da una scuola piuttosto che un’altra, per esempio. Tutto questo ecumenismo sotto l’egida di “Trapani è Donna e madre”: e chi se ne importa se una donna madre non vuole o non può esserlo o se il mondo è fatto anche dalle famiglie arcobaleno. Ne scaturisce il secondo problema, la mancanza di una linea e di un’agenda politica. La quale è risolta nella funzione di club service della Commissione, chiamata solo per organizzare qualche iniziativa “comandata” o per riempire una sala. Per mesi, abbiamo cercato di comprendere in quale modo potessimo essere utili alla buona riuscita di questa Commissione. Abbiamo tentato, in molti modi, di raddrizzare la barra, di cercare di spiegare, fare capire , ritrovare un obiettivo comune. È impossibile rintracciare la benché minima forma, che è parimenti sostanza, che vada da una convocazione all’approvazione di un verbale. È ancora più impossibile sollevare qualsiasi critica o appunto senza essere pesantemente appellati, se non offesi, quando addirittura il porre delle questioni politiche viene inteso come “importunare” la Commissione.
Alla luce di tutto questo – e molto altro si tace per carità di patria - si comunica l’uscita dell’UDI dalla Commissione Pari Opportunità, non le dimissioni ad personam della sua presidente che prevederebbero una sostituzione. È questo per noi un atto politico carico di significato: noi non possiamo avallare una Commissione P.O. che non ha in sé le motivazioni e gli obiettivi reali di esistere. Una CPO che non ha un’idea femminista delle politiche di genere chiamata a praticare, che non ha un’idea femminista della società che vorrebbe contribuire a costruire. Non possiamo avallare una CPO che sia di proprietà di un’amministrazione e non a servizio di una Cittá, che nella sola ragione della sua esistenza finisce per svilire tutti gli importantissimi temi che, singolarmente, meriterebbero proprietà di metodi e strumenti, ma che vengono messi tutti insieme senza scomodare il fondamentale valore della “differenza”.
Non possiamo continuare ad essere dileggiate, umiliate, e relegate in una “stanza”: perché è questo che, secondo quest’amministrazione e col beneplacito della CPO deve bastare alle Donne Trapanesi, una stanza. Non meritiamo lo sforzo di una Casa delle Donne: uno spazio di donne, autonomo e autogestito, con la convinzione che l'efficacia dell'aiuto passi attraverso la relazione tra donne; che affermi la necessità di creare istituzioni femminili, di segnare politicamente le istituzioni con una presenza di genere. Un Bene Comune. No, deve bastarci una stanza che ci deve essere di volta in volta concessa: chissà mai alle Donne Trapanesi venga in mente di poter abitare la propria Città, divenirne parte attiva e financo protagonista.
L’UDI è sempre stata, è e sarà a servizio di Trapani, di tutte le amministrazioni di qualsiasi orientamento politico antifascista e democratico, che voglia concretamente impegnarsi ed aiutarci nelle battaglie di diritti che pensiamo acquisiti e non lo sono; nel raggiungimento della parità di genere attraverso la parità sociale; nella lotta contro la violenza, nella costruzione di una cultura priva di stereotipi. Con un alfabeto politico e metodologico serio, chiaro e netto.
Lì ci troverete, perché “Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto” (M. Rostagno)”.