Il «calvario» giudiziario della Iuventa

Sette anni di indagini, illazioni e criminalizzazione del soccorso in mare

Il «calvario» giudiziario della Iuventa

La “Iuventa” giace ormeggiata al molo Ronciglio di Trapani, ormai ridotta ad un ammasso di ferraglia, derubata e vandalizzata. Non tornerà mai più in mare. Sul quel ponte si sono incrociati sguardi, sogni, speranze di uomini e donne in fuga, alla ricerca di un futuro migliore.

Migliaia le persone, uomini, donne, bambini, salvate dalla Ong tedesca Jugend Retett prima dell’agosto del 2017, quando l’imbarcazione venne “fermata” a Lampedusa e posta sotto sequestro. Erano gli anni dello stop alla missione Mare Nostrum, degli accordi con la guardia Costiera Libica, firmati dall’allora ministro del Governo Gentiloni, Marco Minniti, che aveva anche redatto il famoso codice di condotta per le Ong.

Sette lunghi anni di indagini, intercettazioni, illazioni, criminalizzazione dei soccorsi in mare da parte della destra politica che ne ha fatto uno slogan elettorale. Tre milioni di euro è costata l’inchiesta giudiziaria alla Procura di Trapani. Ieri è stata finalmente scritta la parola fine sulla vicenda.

Il processo ai dieci attivisti delle Organizzazioni umanitarie Jugend Rettet, Medici Senza Frontiere e Save the Children non si farà. Il Gup, Samuele Corso, ha disposto il “non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste”. Inizialmente gli indagati erano ventuno. L’inchiesta, nel 2023,  è stata però spacchettata dalla Corte di Cassazione tra i tribunali di Trapani, Palermo, Castrovillari, Siracusa e Vibo Valentia per competenza territoriale. La sentenza di ieri, inevitabilmente, avrà un effetto sui procedimenti ancora in corso.

“Il fatto non sussiste”:  poche parole che ci raccontano di un’inchiesta che non doveva neppure essere avviata. Il procedimento di Trapani serviva a dimostrare che dietro i salvataggi in mare c’erano in realtà oscuri accordi con i trafficanti che consegnavano i migranti nelle mani degli attivisti delle Ong. 

Nel corso di questi sette lunghi anni l’impianto accusatorio è crollato, come un castello di carte. Si è dovuta arrendere la Procura di Trapani, che il 4 marzo del 2022 ha chiesto il rinvio a giudizio degli indagati, salvo poi smentire se stessa, chiedendo il 28 febbraio scorso il “non luogo a procedere perchè il fatto non costituisce reato”. Il gup, dando ragione ai difensori ha stabilito, in maniera chiara e cristallina che non ci fu alcun accordo con i trafficanti, nessun favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, facendo naufragare definitivamente il concetto delle Ong che fungono da “taxi del mare”. 

Il calvario giudiziario

Le indagini presero il via ufficialmente nel 2016. L’impianto accusatorio era basato sulle “presunte prove” raccolte da due agenti dell’agenzia privata “Imi Security”, imbarcati sulla “Vos Hestia” di Save The Children, affittata dalla società armatrice Vroon.

Due ex poliziotti cacciati dal corpo per false dichiarazioni e per aver commesso reati. Gli stessi che oltre a parlare con i magistrati, avevano inviato una sorta di dossieraggio alla segreteria politica del leader della Lega Matteo Salvini, all’epoca all’opposizione. Lo stesso documento finì nelle mani dei servizi segreti. Testimonianze oculari piene di lacune, che sottolineano la mancata conoscenza dei due delle procedure dei salvataggi in mare. Entrambi, ascoltati in aula, hanno inoltre ammesso di non avere alcuna prova del presunto accordo tra soccorritori e trafficanti.

Il procuratore aggiunto, Maurizio Agnello, che aveva ereditato l’inchiesta nel 2029 dal pm Andrea Tarondo, trasferitosi in Perù, ha definito, al termine della sua requisitoria, i testimoni “assolutamente inattendibili”, sollevando parecchi dubbi sull’avvio dell’inchiesta e la conduzione delle indagini.

Le ultime udienze hanno anche permesso di rimettere assieme tutti i “pezzi” mancanti delle indagini, come i tracciati delle navi, in possesso del Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo e le comunicazioni tra il personale delle Ong e la Guardia Costiera Italiana, che coordina tutti i servizi di soccorso in mare, fornendo le coordinate sulle zone da pattugliare e sulla posizione dei barconi in pericolo.

I difensori degli indagati della società armatrice Vroon e Medici Senza Frontiere, al termine delle requisitorie, avevano chiesto di aprire un fascicolo per depistaggio. Il Gup su questo punto non si è pronunciato, ma non è detto che la vicenda non possa avere ulteriori risvolti.