L’antro della strega

L’antro della strega

di Jo March

Era la notte del 24 di maggio, festa di San Giovanni, dei fuochi e delle streghe ed io, appassionato di scienze occulte, nutrivo in cuor mio l’incrollabile fede d’incontrarne, in quella notte così propizia, un esemplare degno di tale nome. Girovagando per i boschi delle Madonie, scrutavo, al chiarore di un opportuno plenilunio, i crocevia dei sentieri, dove, si dice, solitamente le streghe si radunino.

Giunto che fui ad un crocchio di sentieri, che si intersecavano in un groviglio di direzioni, lessi, su un cartello inchiodato al tronco d’un albero: “All’antro della strega”, una freccia indicava la via da seguire.

Preso da un entusiasmo febbrile percorsi la strada in un baleno e giunsi in una radura chiusa su un lato da una caverna, da cui giungeva un chiarore diffuso.

Mi fermai all’ingresso a leggere l’insegna che campeggiava sulla roccia, in alto: “Pizia Margherita” ed esplicitava sul secondo rigo: “esperta, diplomata in arti magiche e psicologia profonda.”. Vari cartelli e diversi avvisi informavano i passanti su orari di ricevimento, servizi offerti e costi delle preparazioni (anche per vegani), si precisava. Un mazzetto di campanellini di benvenuto pendeva sull’uscio

“Trasite, accomodatevi, a favorire” mi invitò, dall’interno dell’antro, una voce, con forte accento napoletano. Mi sono fatto avanti accolto da uno scampanio festoso all’insegna di “O sole mio”. L’antro era in penombra, solo un faretto rotante, da discoteca, a luce rossastra, si sforzava, vanamente, di dare un’atmosfera di mistero e di magia all’ambiente che si presentava ai miei occhi, più come il bugigattolo di un pizzicagnolo. Su un trespolo, una civetta piuttosto malridotta mi fissava con le sue pupille gialle, aveva le piume arruffate e la coda spennacchiata. Ne compresi il motivo vedendo un grosso gatto nero che, con fare famelico si aggirava ai piedi del trespolo, facendo salti mirabolanti intercalati dalle strida disperate del volatile. Su un tavolino a tre piedi, accanto ad un teschio di plastica, era appoggiato un capace vassoio di sfogliatelle alla crema, pieno a metà, rimasuglio di una sostanziosa merenda

Dietro un pentolone nero e fumante, un essere enorme rimestava col paiolo una brodaglia densa. La figura, che si rivelò essere una donna, aveva spalle e ventre di ragguardevoli dimensioni e indossava una tunica elasticizzata che pareva fatta apposta per risaltare le forme, a dir poco, procaci. Alle due estremità di quel corpo enorme due piedini, calzati in minuscole pantofole rosa e una testina dai biondi ricciolini a tirabaci, apparivano inadeguati al contesto. Il viso era tondo e cordiale e una boccuccia a cuore, aperta in un sorriso malizioso ed ammiccante, mostrava piccoli denti aguzzi; ma soprattutto il naso, a patatina, non era adatto al ruolo di strega.

“Lei è una strega?” ho chiesto perplesso.

“Precisamente. A meglio strega dal Vesuvio a scendere. A vuie chi vi abbisogna? Vulissive nu filtro d’amuri? Na fattura di morte? Na pozioni pi farivi crisciri i capilli? Nu rimediu pei calli? Parlate, a Pizia Margherita ve può servire infallibilmente.”

Poi, come se rotolasse, si avvicinò ad uno scaffale pieno di barattoli di vetro riciclati colmi di strane misture (alcuni conservavano ancora l’etichetta d’origine: cetrioli sottaceto: condiriso, tonno al naturale, ariosto ecc.) “Guardate, -mi dice con orgoglio- qui dentro ci stanno tutt’e ccose pe fa i rimedi miei. Sono erbe magiche, poi si a vuie’interessa aggie puru roba chiù potenti: cuori di farfalle, orecchie di porco, creste di gallo, piscio di gatto e, potentissimo tra tutti, polvere di calcoli renali.”. Così dicendo, con la mano grassoccia, si ripuliva la bocca da briciole di sfogliatelle e sbaffi di crema.

Ero esterrefatto! Mi era capitata una strega napoletana che, sicuramente si era fatta le ossa per la professione nei bassi palermitani, in una bancarella di panini con la meusa o con panelle e crocchè.

Poi, con qualche corso di studi “approfonditi”, alla Vanna Marchi, aveva aperto bottega, facendo credere agli sciocchi di saper risolvere i loro problemi. Non ci sono più le brave streghe di una volta, secche, brutte, vecchie ma oneste.