Trapani, in libertà gli agenti penitenziari finiti ai “domiciliari”
Il Tribunale del Riesame di Palermo ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati difensori degli undici agenti di polizia penitenziaria del carcere di Trapani coinvolti in un’inchiesta per presunti abusi e maltrattamenti sui detenuti. Le misure cautelari degli arresti domiciliari sono state annullate per tutti gli indagati, e il reato contestato di tortura è stato riqualificato in fattispecie meno gravi.
Secondo il Riesame, le condotte attribuite agli agenti, pur richiedendo ulteriori approfondimenti, non presentano quella sistematicità e gravità necessarie per configurare il reato di tortura, come invece ipotizzato inizialmente dalla Procura. Alcuni episodi sono stati ricondotti a reati minori, come l’abuso di potere.
In sostituzione degli arresti domiciliari, il tribunale ha disposto per dieci indagati la sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nel Corpo della polizia penitenziaria per un periodo di 12 mesi. Un solo agente non è stato sottoposto a questa misura interdittiva.
L’indagine, avviata dal Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, ha preso il via in seguito alle denunce di alcuni detenuti del Reparto Blu del carcere “Pietro Cerulli” di Trapani. Complessivamente, sono 46 gli agenti indagati, undici dei quali erano stati inizialmente posti agli arresti domiciliari. Tra loro figurano Filippo Guaiana, Antonio Mazzara, Filippo Bucaria, Claudio Angileri, Claudio Di Dia, Andrea Motugno, Francesco Pantaleo, Salvatore Todaro, Stefano Candito, Roberto Passalacqua e Antonino Fazio, provenienti principalmente da Trapani, Erice, Marsala e altre località siciliane.
Le motivazioni dettagliate del Riesame non sono ancora state depositate, ma la decisione alleggerisce sensibilmente la posizione degli indagati. Il caso rimane comunque sotto la lente degli inquirenti, mentre il dibattito sulle condizioni di detenzione e sulle responsabilità delle forze dell’ordine si riaccende nel Paese.

Redazione
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