Libia, cronaca di una deportazione illegale

Libia, cronaca di una deportazione illegale

Circa 170 persone consegnate alla cosiddetta guardia costiera libica e riportate nel paese nordafricano in quello che può essere definito un’illegale “deportazione per procura”. E' quanto si legge in un rapporto, firmato dalle ong Alarm Phone, Mediterranea e Sea Watch, consegnato alla Procura di Roma. 

"I sopravvissuti, che avevano deciso di rischiare la loro vita per fuggire dalla Libia, avrebbero dovuto essere portati in un porto sicuro (Place of Safety) - si legge nel documento -  come è prescritto dal diritto marittimo internazionale. Invece, sono stati messi in detenzione al loro arrivo in Libia, un paese che non è riconosciuto né come un porto sicuro, né come un Paese sicuro dalla comunità internazionale, ed è noto per sottoporre le persone detenute a forme sistematiche di violenza intenzionale, compresa la tortura e la violenza sessuale come lo stupro".

Una settimana dopo questo rimpatrio forzato in Libia, l’organizzazione Medici Senza Frontiere (MSF) ha deciso di sospendere le sue operazioni in due centri di detenzione a Tripoli, a causa delle inaccettabili forme di violenza cui sono sottoposti i reclusi.

Mentre ogni mese migliaia di persone vengono catturate con la forza in mare e riportate in queste condizioni di violenza, questo caso è particolarmente allarmante per il coinvolgimento di una nave mercantile, la Vos Triton, di proprietà della società armatoriale olandese Vroon, il cui ufficio italiano è responsabile della nave. Questo caso costituisce l’ennesimo pushback illegale verso la Libia facilitato da un attore privato. È l’ennesima violazione del diritto marittimo internazionale – perché non essendo la Libia un porto sicuro, il salvataggio delle persone non può essere considerato concluso. 

"Esigiamo la fine di queste violazioni dei diritti umani - scrivono le Ong - orchestrate nel Mediterraneo centrale e lungo tutte le frontiere europee, perpetuate direttamente dalle autorità europee o per delega alle autorità libiche o a società private. Esigiamo il ripristino di un’operazione di ricerca e soccorso in mare verso l’Europa da parte degli Stati, attualmente inesistente. Chiediamo anche la fine di questo violento regime di frontiera che costringe le persone a rischiare la vita per raggiungere la salvezza, a favore del diritto alla fuga sicura e della libertà di movimento per tutti"

RIASSUNTO DEL CASO:

Le circa 170 persone a bordo della barca di legno sovraffollata hanno chiamato Alarm Phone quando si sono trovate in difficoltà in acque internazionali. Erano alla deriva con un motore rotto a sole 6 miglia nautiche di distanza dalla zona di ricerca e soccorso di competenza maltese. Nonostante le ripetute email e chiamate di Alarmphone a tutte le autorità, dieci ore dopo il primo allarme, nessun mezzo di salvataggio statale era ancora intervenuto. Invece, la nave mercantile ‘Vos Triton’ è stata inviata alla barca in difficoltà. L’aereo da ricognizione civile Seabird della Sea-Watch è arrivato sul posto più o meno alla stessa ora e ha potuto osservare diverse persone della barca sovraffollata che si buttavano in acqua per raggiungere la Vos Triton a nuoto. Alla fine, dopo circa un’ora, il mercantile è riuscito a prendere a bordo tutte le persone della barca di legno e si è diretto verso sud.

Alle 18:17 del 14 giugno – 16 ore dopo la prima chiamata ad Alarm Phone – l’aereo civile Seabird ha testimoniato come la Vos Triton si fosse fermata accanto alla motovedetta “Zawiya” della cosiddetta Guardia Costiera libica con l’intenzione di consegnare le persone soccorse.

Nonostante diversi tentativi di contattare la Vos Triton via radio e nonostante le numerose e-mail e telefonate alla compagnia, la consegna ha avuto luogo, come confermato e condannato anche dall’OIM e dall’Unhcr

CRONOLOGIA:

Nella notte tra domenica 13 e lunedì 14 giugno, Alarm Phone ha ricevuto una chiamata da una barca in difficoltà con circa 170 persone a bordo. La barca di legno era alla deriva in acque internazionali, a sole 6 miglia nautiche dalla zona di ricerca e soccorso (SAR) maltese, e le persone a bordo hanno comunicato che il loro motore era in avaria.

Alle 2:17 Alarm Phone ha ricevuto la seguente posizione, N 34°13.079′ E 011°56.005′, che è stata trasmessa a tutte le autorità – italiane, maltesi, tunisine e libiche.

Alle 03:43 Alarmphone ha raggiunto il Rescue Coordination Center di Malta (RCC) dove un ufficiale ha preso l’informazione e ha detto che probabilmente avrebbe indagato e iniziato un’operazione di soccorso.

Nel corso delle ore successive le persone a bordo della barca sovraffollata hanno chiamato ripetutamente Alarm Phone. La loro situazione era grave: avevano finito il cibo e l’acqua già dal giorno precedente ed erano esausti per il viaggio. Una persona soffriva per una ferita e aveva bisogno di cure mediche urgenti. Ad Alarmphone è stato detto che diverse donne non stavano bene e che “la gente sta morendo”. Le persone a bordo hanno anche comunicato che non intendevano tornare in Libia, dove hanno detto di aver subito torture e prigionia.

Alle 07:56 Alarm Phone ha raggiunto il Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo di Roma (IMRCC). L’ufficiale italiano di turno ha confermato che le informazioni e le e-mail sulla barca erano state ricevute anche da loro, ma non ha detto nulla su un’operazione di salvataggio pianificata. La cosiddetta guardia costiera libica non poteva essere raggiunta per telefono.

Anche se le autorità, Frontex e l’UNHCR, venivano aggiornate regolarmente via e-mail con tutte le informazioni rilevanti e le posizioni GPS più recenti, dopo più di 10 ore, non c’era ancora nessuna nave della guardia costiera in arrivo. Nelle prime ore del mattino, Alarm Phone ha cercato di allertare la nave mercantile Maridive 230, che si trovava a poche miglia nautiche di distanza, ma questa non ha cambiato la sua rotta.

Alle 11:54 gli uffici del Ministero della Difesa italiano hanno risposto alle pressioni della rete Alert Network Med dicendo che un non meglio specificato “rimorchiatore” era in viaggio verso l’obiettivo.

Circa dieci ore dopo che tutte le autorità erano state allertate con una posizione GPS della barca in pericolo, la nave mercantile Vos Triton di proprietà e gestita dall’ufficio italiano della compagnia di navigazione olandese Vroon aveva cambiato la sua rotta verso nord ed era arrivata sulla scena.

A questo punto Alarm Phone non poteva più raggiungere le persone a bordo, ma l’aereo Seabird di Sea-Watch si stava dirigendo verso il luogo.

Alle 13:24 Seabird ha avvistato la barca accanto al mercantile Vos Triton in posizione N34°12′, E011°55′.

Seabird ha potuto osservare che la barca di legno blu con una striscia bianca sul lato era pesantemente sovraffollata con circa 170 persone a bordo e che le persone non avevano giubbotti di salvataggio.

Alcuni di loro si erano gettati in mare e cercavano di nuotare verso la nave mercantile Vos Triton.

L’equipaggio della Seabird ha cercato di raggiungere la Vos Triton via VHF marittimo (cioè la radio di bordo delle navi) più volte, ma non hanno mai risposto. 

Fortunatamente, le persone in acqua sono riuscite a raggiungere la nave e sono salite a bordo, e molte altre le stavano seguendo (fino a 8 alla volta). Orbitando intorno ai due natanti per quasi un’ora e mezza, l’equipaggio di Seabird ha monitorato il caso da vicino e ha potuto osservare come la Vos Triton ha cercato di far salire la barca dei migranti con una cima. 

Alle 14:35 più di un’ora dopo il suo arrivo, la Vos Triton è finalmente riuscita a legare la barca con una cima e prendere tutte le persone a bordo. 

Alle 14:45 l’equipaggio della Seabird ha ricordato alla Vos Triton i suoi doveri, ma, come per tutti gli altri precedenti tentativi di comunicazione, non c’è stata risposta. Tutte le comunicazioni radio furono tenute, come da procedura standard, sul canale 16 VHF.

Per un po’ di tempo, l’aereo Seabird ha lasciato la scena e ha avvistato altre barche in difficoltà, ma è tornata di nuovo sulla Vos Triton in un momento successivo.

Alle 17:40  la radio di Seabird ha ascoltato una chiamata alla Vos Triton, in cui veniva comunicato che la motovedetta “Zawiyah” della  cosiddetta guardia costiera libica era diretta lì e sarebbe arrivata in mezz’ora.

Alle 18:06 Seabird ha sentito sul canale 16 VHF la Vos Triton comunicare alla piattaforma “Farwah” che la cosiddetta guardia costiera libica sarebbe arrivata sulla loro dritta e che “tutto l’equipaggio era in quarantena nelle sue cabine”.

Alle 18:17 l’equipaggio di Seabird ha visto la motovedetta 656 “Zawiya” della cosiddetta guardia costiera libica accostare a fianco della Vos Triton. A questo punto, si poteva chiaramente supporre come la Vos Triton stesse preparando un trasbordo alla cosiddetta guardia costiera libica. L’equipaggio di Seabird ha nuovamente cercato di chiamare la Vos Triton per due volte sul canale 16 VHF senza ottenere alcuna risposta. È seguito un ulteriore tentativo di convincere la Vos Triton a rifiutare di consegnare le persone. Di nuovo nessuna risposta. Seabird ha poi dovuto lasciare la scena e tornare a terra, a causa della mancanza di carburante.

Alla fine le persone soccorse dalla Vos Triton sono state consegnate alla cosiddetta guardia costiera libica, sbarcate nel porto di Tripoli e messe in detenzione al loro arrivo, contro la volontà dei sopravvissuti e contro il diritto internazionale. Tutti i centri di detenzione libici sono noti per essere luoghi di assoluto orrore. "Temiamo - colcludono le Ong  - per l’incolumità delle 170 persone che hanno rischiato la loro vita, sono quasi annegate e morte di sete, solo per essere riportate illegalmente nel luogo da cui avevano cercato di fuggire".