Arresto Matteo Messina Denaro, le indagini

Conferenza stampa congiunta di Procura e Ros a Palermo

Arresto Matteo Messina Denaro, le indagini

Nessun confidente e nessun pentito: alla cattura del boss Matteo Messina Denaro, i magistrati palermitani e i carabinieri del Ros sono arrivati con quella che si definisce una indagine tradizionale. Da almeno tre mesi gli inquirenti analizzavano le conversazioni dei familiari del capomafia intercettati. Spunti e battute di chi sa che è sotto controllo ma non può fare a meno di parlare, da cui è emerso che il padrino di Castelvetrano era gravemente malato, tanto da aver subìto due interventi chirurgici; uno per un cancro al fegato, l’altro per il morbo di Crohn. Una delle due operazioni peraltro era avvenuta in pieno Covid.

Sono partite da qui le indagini che stamattina hanno portato all’arresto di Messina Denaro. Magistrati e carabinieri hanno scandagliato le informazioni della centrale nazionale del Ministero della Salute che conserva i dati sui malati oncologici. Confrontando le informazioni captate, con quelle scoperte, gli inquirenti sono arrivati a un certo numero di pazienti e l’elenco si è stato poi ridotto sulla base dell’età, del sesso, della provenienza che avrebbe dovuto avere il malato ricercato. Alla fine tra i nomi sospetti c’era quello di Andrea Bonafede, nipote di un fedelissimo del boss, residente a Campobello di Mazara. Dagli accertamenti è però emerso che il giorno dell’intervento, scoperto grazie alle intercettazioni, Bonafede era da un’altra parte: quindi il suo nome era stato usato da un altro paziente.

Le indagini hanno poi confermato che stamattina Messina Denaro, alias Bonafede, si sarebbe dovuto sottoporre alla chemio. Certi di essere molto vicini al capomafia, i carabinieri sono andati in clinica, dove è arrivato Messina Denaro a bordo di un’auto guidata dal suo favoritore. Vedendo i militari ha poi provato ad allontanarsi.

Matteo Messina Denaro è stato bloccato in strada, nei pressi di un ingresso secondario della clinica La Maddalena. Lo hanno spiegato i carabinieri del Ros nel corso della conferenza stampa sull’arresto del boss di Cosa Nostra, spiegando che il blitz è scattato quando “abbiamo avuto la certezza che fosse all’interno della struttura sanitaria”. Quando è stato bloccato – hanno aggiunto – Messina Denaro “non ha opposto alcuna resistenza” e “si è subito dichiarato”, senza neanche accennare alla persona di cui aveva utilizzato l’identità.

“L'indagine si basa su due pilastri fondamentali: uno è quello delle intercettazioni che, se fosse il caso di ribadirlo, sono indispensabili e irrinunciabili per il contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso”. Lo ha detto il procuratore capo di Palermo, Maurizio de Lucia, nel corso della conferenza stampa, ribadendo che “Senza le intercettazioni non si possono fare le indagini e le indagini non portano a nessun risultato. Questa è la cosa più importante che deve essere chiara”.

Il capo del Ros, generale Angelosanto, ha evidenziato che, “negli ultimi anni, l’Arma ha eseguito 100 arresti di uomini vicini a Messina Denaro e sequestrato e confiscato 150 milioni. A questi numeri bisogna aggiungere i dati di Polizia e Finanza. Questo lavoro ha compromesso il funzionamento della struttura mafiosa”.

“Non abbiamo trovato un uomo distrutto, ma in apparente buona salute, ben curato. In linea con un uomo di 60 anni di buone condizioni economiche. Non poteva affidarsi a personaggi lontani dal contesto territoriale ma su questo stiamo procedendo ad approfondimenti investigativi”. Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido, rispondendo anche sugli assetti dei vertici di Cosa nostra dopo l’arresto di Messina Denaro: “Fino a ieri era certamente il capo della provincia di Trapani, da domani vedremo”.

Matteo Messina Denaro “ha goduto di protezioni importanti – ha ripreso il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia – e le indagini ora sono concentrate sulle protezioni attuali di cui ha goduto”.

Fonte Ansa