Paceco: si oppose alla vendita dei terreni a Nicastri e venne accusato di molestie telefoniche, assolto Salvatore Cusenza

Paceco: si oppose alla vendita dei terreni a Nicastri e venne accusato di molestie telefoniche, assolto Salvatore Cusenza

Non molestò il fratello telefonicamente. Il giudice onorario della Seconda Sezione Penale presso il Tribunale di Palermo, Livio Fiorani, ha assolto “perchè il fatto non sussiste”, Salvatore Cusenza di 48 anni di Paceco. Il processo è scaturito da una denuncia presentata dal fratello di Salvatore Cusenza, Giuseppe, in seguito ad una serie di dissidi nati in seguito al fallito tentativo di cessione di alcuni terreni che insistono nel territorio di Paceco all’imprenditore Vito Nicastri, noto alle cronache giudiziarie come il “re dell’eolico” oltre che per la sua vicinanza al boss trapanese Matteo Messina Denaro. Salvatore si era opposto al progetto del fratello maggiore Giuseppe che aveva cercato di convincere il padre a cedere i terreni a Nicastri. Da qui la vendetta concretizzata con una denuncia per molestie telefoniche, dove ha dichiarato che Salvatore gli avrebbe impedito di portare a termine la vendita “chiamandolo insistentemente e inviandogli continui messaggi sms dal contenuto offensivo e ingiurioso”. Un’accusa che è caduta nel corso del processo, nonostante fossero maturati i tempi di prescrizione, essendo i fatti del 2014. A smontare il castello di accuse è stato l’avvocato dell’imputato, Gioacchino Genchi, impegnato in complesse indagini difensive, concentrate soprattutto sull’analisi dei tabulati telefonici, come sottolinea il giudice nelle motivazioni della sentenza. Salvatore Cusenza si è dedicato sin da ragazzo alla cura degli anziani genitori, affiancandoli nelle attività dell’azienda agricola al contrario del fratello Giuseppe che nonostante tutto ha continuato a utilizzare in modo esclusivo la carta bancomat del padre per numerosi prelievi, oltre a degli addebiti per pagamenti personali, così appropriandosi degli interi importi della pensione del genitore, accreditata sul conto, unitamente ai proventi dell’attività agricola dell’azienda di famiglia e ai contributi governativi ed europei. Il tutto mentre il fratello Salvatore si trovava distante da casa in Veneto dove lavorava presso Poste Italiane. In occasione di alcune trasferte in Sicilia, Salvatore si è reso conto dello sperpero che il fratello aveva fatto dei proventi e del patrimonio della famiglia, eseguendo dei prelievi dal conto corrente bancario del padre, senza dare alcuna giustificazione e senza provvedere, frattanto, ai bisogni della famiglia. Molti degli sms e dei tentativi di chiamata che hanno poi formato oggetto della denuncia del fratello, si riferivano proprio alle recriminazioni per la dissennata gestione del conto corrente e delle risorse economiche della famiglia, oltre che per i problemi che il fratello aveva creato, provocando delle cause civili con i vicini, che si erano concluse con la condanna dei genitori al pagamento delle spese processuali. Messaggi e chiamate che comunque non avrebbero mai superato il limite, tanto che lo stesso giudice rimarca nella sentenza come “non si rinvenga alcun elemento esterno a sostegno della prospettazione della persona offesa, ad esempio tabulati telefonici comprovanti frequenza ed orari delle chiamate ed sms, anche al fine di verificarne l’entità ed eventuale reciprocità, né copia dei messaggi di testo, che la persona offesa ha dichiarato di non avere conservato, sì da non essere in condizione di dare corso alla relativa esibizione”, dunque il tenore di queste telefonate “non è stato adeguatamente accertato”.