'L'Inferno' in mostra

'L'Inferno' in mostra

La rubrica sfaccettature di cultura dedicherà a novembre uno speciale. Novembre è il mese rappresentativo dell’autunno. La caduta delle foglie, tipica di questa stagione, può diventare il simbolo della caducità del ciclo vitale di una pianta. A questo concetto voglio collegarmi per istituire un parallelismo con la vita umana. Questo filo conduttore creato, emblema della caducità della vita in senso lato, è utile per arrivare a trattare la sfaccettatura di cultura del mese di novembre che sarà l’arte.

Questa volta non parlerò di una singola opera d’arte, ma di un’intera mostra ossia l’“Inferno”, attualmente in esposizione alle Scuderie del Quirinale fino al 9 gennaio 2022.

In occasione dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, la mostra esclusiva curata da Jean Clair vuole far immergere il visitatore nell’iconografia dell’Inferno dantesco attraverso numerosi quadri, disegni e opere scultoree esposte. Ad accompagnarlo in questo viaggio, tra i tormenti dei dannati e le atrocità dell’Ade, ci sono le parole del poeta risaltate dai manoscritti dello stesso autore e da altri letterati come ad esempio San Agostino.

“Per me si va nella città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore: fecemi la divina podestate, la somma sapienza e ‘l primo amore. Dinanzi a me non fur cose create se non eterne, e io etterno duro. Lasciate ogni speranza, voi ch’intrate.”

Come un inno questi versi – del III canto della cantica dell’Inferno della Divina Commedia di Dante –accompagnano il visitatore durante tutta la mostra. 

Un viaggio che comincia con l’iconografia medievale con trittici e dipinti risalenti ad artisti di spessore: dal Giudizio Universale di Beato Angelico a Le tentazioni di Sant’Antonio Abate di Jan Brueghel, da Lucifero di Franz Von Stuck, diventato il manifesto dell’intera mostra, fino alle interpretazioni surrealiste di Bosh con La visione di Tungdal.

Le opere si susseguono lungo le stanze delle Scuderie creando l’illusione di percorre la Mappa dell’Inferno di Sandro Botticelli, presente anche nella mostra. Infatti, come Dante e Virgilio anche il visitatore percorre i vari gironi incontrando Caronte di Jose Benlliure, i traditori imprigionati tra i ghiacci del fiume infernale visibili nella maestosa tela di Virgilio e Dante nel IX girone dell’Inferno di Gustave Doré.

Da Paolo e Francesca di Henri Jean Guillaume, simbolo dell’amore dannato per il tradimento, ma uniti anche in morte, alla condanna dei dannati Gianni Schicchi e Capocchi, due falsari che nella grande tela di William Adolphe Bouguereau si azzuffano in uno spettacolo violento sotto gli occhi di Dante e Virgilio e dello spettatore. Tra le opere più imponenti della mostra c’è la versione in gesso della Porta dell’Inferno di Auguste Rodin alta oltre i quattro metri, concessa da Musée Rodin di Parigi.

Da una totale immersione nella cantica dell’Inferno della Divina Commedia con scene schematiche medievali e quelle sublimi rinascimentali e barocche, si arriva alle raffigurazioni più romantiche fino alle più tormentata e atroci con le interpretazioni psicanalitiche del Novecento.

Così, la trasposizione dell’Inferno dantesco in quello reale e moderno induce lo spettatore alla riflessione: le fabbriche, le macchine e il lavoro sono l’Inferno dell’umanità capitalista e consumista. Una visione marxista che induce lo spettatore a meditare sull’annichilimento dell’individuo.

L’apice, però, viene raggiunto da uno dei gesti più terribili compiuti dall’umanità: la Shoah. Un quadro maestoso che avvolge un’intera parete mette in luce gli scheletri e i cadaveri degli ebrei nei campi di concentramento. Tuttavia, ciò che in questo quadro desta stupore è la narrazione di una scena mostruosa – ebrei nei lager smagriti fino alle ossa e costretti a lavorare e a raccogliere i cadaveri dei loro compagni – attraverso colori pastello. Nonostante ciò, i lager non assumono soltanto il significato del vertice dei peccati umani, ma diventano anche l’Inferno in terra per alcuni individui ingiustamente condannati alle pene.

“E quindi uscimmo a rivedere le stelle”

Con l’ultimo verso del XXXIV canto dell’Inferno dantesco si conclude il viaggio con la visione di quadri rappresentativi delle costellazioni dell’Universo. Un soffio di speranza rincuora l’animo del visitatore che si rasserena alla visione delle comete e costellazioni di immagini telescopiche e dipinti.