Libia: «Una benda per non vedere?»
Sono oltre cento le associazioni che scenderanno in piazza questo pomeriggio, di fronte Montecitorio, per dire basta ai finanziamenti alla Guardia Costiera Libica. La votazione in Parlamento per il rinnovo degli accordi tra l’Italia e il paese nordafricano è in programma domani. Chiare le richieste dei manifestanti: stop al rinnovo della missione in Libia e alla prosecuzione della cooperazione con le autorità libiche senza garanzie concrete sulla protezione dei diritti umani di migranti e rifugiati; no al sostegno della e alla collaborazione con la Guardia Costiera Libica finalizzato al respingimento forzato nel paese nordafricano; costruzione di un piano che preveda l’immediata evacuazione delle persone rinchiuse nei centri di detenzione libici e all’estensione dei canali di ingresso regolari; ripristino di un sistema istituzionale di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale e riconoscimento del ruolo essenziale delle Ong per la salvaguardia delle vite in mare. Una benda bianca a coprire gli occhi, sarà questo il simbolo della manifestazione. Una denuncia contro la Fortezza Europa che finge di non vedere quanto accade sull’altra sponda del Mediterraneo. Abusi, torture, violenze, respingimenti illegali, il tutto documentato più volte dalle Nazioni Unite. Secondo i dati forniti da Frontex, sono in aumento i flussi provenienti da Libia e Tunisia. Non solo trafficanti: la Tunisia, già in preda ad una profonda crisi economica dal 2011, ovvero dalla fine della primavera araba, ha visto aggravarsi la situazione nel paese a causa della pandemia. In aumento anche i numeri dei morti in mare. L’ultimo naufragio, nella notte tra il 9 ed il 10 luglio, nelle acque antistanti la costa di Sfax. Otto i morti, tra cui un bimbo di appena un anno originario del Camerun. Nulla si sa invece sul destino di 80 persone, segnalate ieri da Alarm Phone. Il barchino è stato avvistato da Seabird, il velivolo dell’Ong Sea Watch.
Ad un giorno dal voto definitivo in Parlamento, l’orientamento del Governo appare però chiaro: lo scorso giugno è stato varato il decreto missioni che incrementa non solo i finanziamenti alla Guardia Costiera libica da 10 a 10,5 milioni ma anche le missioni Irini e Mare Sicuro. Tra i parlamentari pronti a votare no al rinnovo degli accordi con la Libia: Loredana De Petris, Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) e Erasmo Palazzotto (LeU), Emma Bonino e Riccardo Magi (+Europa), Doriana Sarli, Gregorio De Falco, Yana Chiara Ehm e Paola Nugnes (ex M5S, ora al misto), Francesco Verducci, Matteo Orfini e Laura Boldrini (Partito Democratico). Sulla questione interviene anche Valentina Villabuona, presidente dell'assemblea provinciale del Pd trapanese. “Bisogna partire dal presupposto che l'immigrazione non è un problema ma un fenomeno naturale che non può essere fermato, certamente deve essere regolamentato. Quello che accade in Libia grazie alle inchieste giornalistiche, alle testimonianze dei migranti e ai video che hanno girato le ONG è sotto gli occhi di tutti”, sottolinea Villabuona che poi aggiunge: “La Guardia Costiera che ci apprestiamo a rifinanziare non fa salvataggi ma respingimenti, chi viene recuperato in mare torna nelle carceri libiche dove la dignità umana si annulla. Uomini,donne, minori torturati per spingerli a farsi inviare il denaro dalle famiglie, che per mesi non dormono, non mangiano e spesso bevevo l'acqua del mare. Chi esce vivo, lo fa pagando grosse somme di denaro o perché riesce a scappare, dopo aver vissuto un'esperienza drammatica. Non è pensabile - conclude la presidente dell’assemblea provinciale del Partito Democratico - alla luce di tutto quello che oggi sappiamo e delle sentenze dei tribunali italiani, ricordo che il Tribunale di Trapani si pronunciò sul caso Diciotti e in uno dei passaggi della sentenza il Giudice Grillo scrisse che: la Libia è assolutamente inadempiente per quanto riguarda le condizioni dei campi «di accoglienza temporanei» o di detenzione, in termini di diritti umani. Nella stessa sentenza si equipara la riconsegna alla Guardia Costiera Libica ai respingimenti collettivi, spiegando chiaramente che la Libia non è un porto sicuro. Ecco perché non si può tenere la testa sotto la sabbia e votare gli accordi per rifinanziare la Guardia Costiera libica. Si pensi piuttosto a discutere a livello europeo il ripristino delle missioni di salvataggio per evitare che il Mediterraneo continui ad essere un cimitero”