Referendum, ecco per cosa si vota domenica 12 giugno

I cinque quesiti sulla giustizia e le ragione del "Si" e del "No"

Referendum, ecco per cosa si vota domenica 12 giugno

Anche in Sicilia, come in tutto il resto dell’Italia, si torna alle urne. In alcuni comuni della provincia di Trapani si voterà anche per le amministrative, in tutti i seggi elettorali nazionali gli italiani sono chiamati ad esprimere il proprio voto per il referendum sulla giustizia, così come preannunciato il 16 Febbraio in occasione della consulta. Non è nostro compito né tantomeno intento indirizzare il voto, ma sicuramente ci preme sottolineare che il voto è un atto di responsabilità che auspichiamo sempre sia esercitato con consapevolezza.

Il referendum è il più importante istituto di democrazia diretta. E’ il mezzo con cui i cittadini italiani possono esprimere la propria opinione direttamente su una norma, già in vigore. Tale strumento è disciplinato dall’art. 75 della Costituzione Italiana, il cui primo comma sancisce: “È indetto referendum popolare per deliberare la abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali”.

La norma in esame disciplina il c.d. Referendum abrogativo il cui scopo è quello di eliminare in modo totale o parziale una legge o un atto avente valore di legge.

Al secondo comma del medesimo articolo costituzionale è espressamente vietato l’indizione del referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, in virtù della complessità ed importanza delle materie ad oggetto.

In vista del prossimo 12 giugno, la Corte Costituzionale è stata chiamata a valutare l’ammissibilità di 7 quesiti proposti, di cui ne ha approvati cinque. I due boccati sono stati il quesito sul fine vita e quello sulla cannabis. Inoltre, è sempre la stessa Corte Costituzionale ad aver individuato i requisiti generali dell'oggetto di un referendum, quali omogeneità, puntualità, concretezza ed intellegibilità. Altresì, il quesito deve essere semplice e completo e devono essere chiari gli effetti normativi dell'abrogazione.

Secondo il dettato costituzionale la proposta soggetta a referendum è approvata se vota la maggioranza pari al 50%+1 degli aventi diritto al voto e se è raggiunta la maggioranza, 50%+1, dei voti validamente espressi.

Rispetto ai precedenti referendum, che generalmente hanno un impatto sociale predominate - si pensi al referendum sul divorzio od ancora quello sull’aborto - oggi, questo sembra non importare a nessuno se non agli addetti a lavori. Del resto, i sostenitori del “No” ritengono che sia complicato pensare che i cittadini siano interessati, in quanto soggetti non vicini alle aule di tribunale.  Di contro, i fautori del “Si”, alcuni dei quali ricordano il caso di Enzo Tortora citandone il manifesto radicale “Questa Giustizia può colpire anche te”, sostengono,  in particolar modo con riferimento al quesito sulla separazione delle carriere, che Il Pubblico Ministero è parte mentre il giudice dev’esser terzo ed  imparziale ed al contempo -aggiungono- anche credibile, ma  il fatto che fanno parte della stessa “famiglia”, talvolta insinua un dubbio che non dovrebbe esserci.   

In occasione del convegno a scopo informativo, didattico, svoltosi lo scorso mercoledì 1 Giugno 2022, presso l’aula magna del polo universitario di Trapani, l’avvocato Galluffo, Presidente dell’ordine di Trapani ha dichiarato e ribadito che “I fori siciliani e l’avvocatura ha deciso di votare Si, a prescindere dalla perfettibilità che potrà esserci. Il “Si” segna l’inizio di un percorso per dare sostanza e concretezza ai principi del giusto processo!”.

In particolare, il primo quesito contenuto nella scheda di colore rosso chiede l’abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi. Si intende: al momento in Italia la Legge Severino prevede che in caso di condanna definitiva per alcuni reati, è prevista l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per parlamentari, rappresentanti di governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali (in alcuni casi per questi ultimi si prevede la decadenza o la sospensione anche con sentenza non definitiva). La vittoria del “Si” comporterebbe che in caso di condanna spetterà al giudice decidere di volta in volta se applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici. Con la prevalenza dei “No”, rimane ferma l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per i politici condannati.

Il secondo quesito formulato nella scheda di colore arancione chiede l’abrogazione dell'ultimo inciso dell'art. 274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale.  Allo stato attuale, alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, cioè ogni fonte di prova avente una valenza dimostrativa idonea a formulare un giudizio di elevata o qualificata probabilità circa la sussistenza del reato e la sua attribuibilità al soggetto nei cui confronti è stata avanzata la domanda cautelare, si può disporre la misura cautelare in carcere od ai domiciliari solo in tre casi: pericolo di fuga, alterazione di prove, ripetizione del reato. La vittoria del “Si” comporterebbe che in alcuni casi e per reati considerati meno gravi, il pericolo della reiterazione del reato venga eliminato dai motivi per cui può essere richiesta una misura cautelare. L’arresto preventivo rimarrebbe – oltre che per i casi di pericolo di fuga e inquinamento delle prove – anche se c’è il rischio di commettere reati di particolare gravità, come quelli commessi con armi o altri mezzi violenti o di criminalità organizzata. Con la prevalenza dei “No” la disciplina vigente resta immutata.

Il terzo quesito esposto nella scheda di colore giallo, in tema di separazione delle carriere, chiede l’abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati. Con la vittoria del “Siall’inizio del percorso lavorativo i magistrati dovranno scegliere se assumere il ruolo di giudice e quindi esercitare la funzione giudicante oppure quello di pubblico ministero ed esercitare la funzione requirente, e dovranno mantenere quel ruolo per tutta la durata della loro carriera. L’unica possibilità di cambio rimarrebbe per i giudici, che potrebbero passare dai tribunali penali a quelli civili. Se vince il “No”, i magistrati potranno continuare a cambiare ruolo nel corso della loro carriera.

Il quarto quesito nella scheda di colore grigio verte sulla partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. E si chiede l’abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte. L’attuale disciplina prevede che ogni 4 anni i magistrati vengono valutati ogni 4 anni dal CSM che decide sulla base di valutazioni fatte anche dai Consigli giudiziari, organismi territoriali nei quali, vi siano anche avvocati e professori universitari di diritto ma votare sulla valutazione professionali dei magistrati possono essere solo i componenti appartenenti alla magistratura.

Il quinto quesito (scheda verde) chiede l’abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. Oggi per il magistrato che vuole candidarsi come membro dell’Organo di autogoverno della magistratura deve presentare a proprio sostegno almeno 25, fino ad un massimo di 50 firme di altri magistrati.

Domenica si potrà votare dalle 7.00 alle 23.00 muniti di tessera elettorale e documento di riconoscimento.