Prende il via a Trapani la Prima “Fiera dei Morti”: auspicio per un recupero delle nostre usanze?

Ma sono davvero "nostre" tradizioni?

Prende il via a Trapani la Prima “Fiera dei Morti”: auspicio per un recupero delle nostre usanze?

Nel mese di Antesterione, più o meno l'attuale novembre, gli ateniesi rinnovavano un'antica cerimonia chiamata  Chitri ch’erano pentole utilizzate per la cottura delle fave. In memoria dei morti venivano poi offerte a Ermes e a Bacco. 
L'usanza era legata a Deucalione. L'aveva istituita allo scopo di placare gli spiriti degli annegati in un diluvio catartico voluto da Zeus al fine di liberare il mondo dalla corruzione. A queste anime venivano quindi simbolicamente offerte le fave lessate. Da qui la credenza degli antichi greci che le anime dei defunti stessero annidate nei baccelli delle leguminose. 
Ma il reale problema rimaneva la morte. E l'Ade era un luogo tremendo. 
Ora, siccome i greci non s’affidavano a cieche illusioni, né si rassegnavano nelle malinconie, coglievano sì l'essenza del tragico nel rapporto vita-natura, ma il singolo individuo doveva durare.
Si arriva così al 1040, quando l'abate Odilone istituisce a Cluny la commemorazione dei defunti fissandone, non a caso, la data al 2 novembre. In quel tempo la festa di Ognissanti, in origine il 13 maggio, era stata già spostata al primo di novembre. 
Ai nostri giorni, il semplice osservare delle visite presso i cimiteri, indifferentemente effettuate l'1 o il 2, indurrebbe a dedurre una fusione delle due giornate che parrebbe casuale e che invece sembra riposta in una tendenza di continuo innesto delle celebrazioni cristiane in quelle precristiane. A suo modo, l'abate Odilone aveva inteso dare una giornata autonoma al giorno dedicato ai morti tenendo però conto delle scelte della Chiesa che avevano condotto alle origini forse ancora più remote del Samuin irlandese della notte delle calende ancora oggi chiamata in Scozia Nos Galan-gaef.
Il Cristianesimo opera però un approccio radicalmente diverso con la morte, declassandola a semplice transito. Il tempo dell'uomo non è quello ciclico della natura riguardante tutti gli altri esseri viventi, il tempo dell'uomo ha un senso, la fede offre all'uomo la speranza dell'aldilà. 
La commemorazione dei defunti ricorda questa speranza. 
Halloween aspetta invece il sopraggiungere dell'inverno realizzando la metafora della morte degli uomini assieme alla natura. Solo che la fine della bella stagione non incontra nuove primavere: è senza ritorno. Allora, ecco in scena la baldoria. 
Il paganesimo del nord Europa ha insomma preferito la rassegnazione alla speranza. Esorcizzando ugualmente la morte. E' per questo che la mascherata nella notte di Ognissanti acquista comunque un senso. La morte derisa, in qualche modo esorcizzata almeno dal sarcasmo poiché non è possibile sconfiggerla. I bambini interpretano così, inconsciamente, la parte di morti tornati momentaneamente in vita in quella notte autunnale, buia, magari ventosa e fredda, scantusa, per dirla alla Camilleri, che tanto potrebbe ricordare l'oltretomba.
Trick or treat, intimano poi. Poiché da un lato, il dolcetto è almeno la carezza consolatrice data a quelle povere entità di passaggio arrivate da un improbabile aldilà. Dall'altro, i dolcetti richiamano l'usanza celtica (e greca) di lasciare del cibo ai morti che tornavano allo scopo di ingraziarseli, raddolcendo altresì quel transito.  
"Dolcetto o scherzetto" quindi, bussando, una volta, a tredici porte. Era il codice rituale di Halloween. Una porta per ogni mese più la porta della distruzione dell'ordine, l'annientamento assoluto della natura. 
L'uomo muore? E che assieme a lui tutto vada distrutto. Che per questo si faccia festa! Sebbene i celti, gli irlandesi, trascorrendo la notte nei cimiteri, accendendo lumini, dando vita a danze e banchettando, credevano a un qualche rimescolamento con le anime dei defunti che ritornavano dall' aldilà, in un rito che voleva essere propiziatorio. Il primo novembre iniziava infatti per loro il nuovo anno. Corrispondeva all'anno agricolo. Assorbire l'energia dei trapassati significava  utilizzarla durante i loro lavori nei campi perché dai campi, dai frutti della terra, dipendeva la loro vita, la sopravvivenza terrena.
Halloween ha quindi recuperato il senso del nulla, del vuoto dopo la morte, in quest’epoca disperata del post-umanesimo. Senza speranze ultraterrene ha attraversato l'oceano nel senso opposto a quello impresso da irlandesi e scozzesi che andarono in America portandosi dietro le proprie usanze.  
Tutto questo ora ha attecchito pure dove la cultura cristiana sembrava non dover temere invasioni. L'attesa, meravigliosa, nostrana attesa, che i morti uscissero dalle tombe per portare i regali ai bambini, sembra essere stata soppiantata quasi definitivamente da altre usanze, apparenti nuovi schemi celebrativi di paure comunque antiche, ataviche: la paura della morte. Che non è cosa da poco. Da qui l'antidoto per esorcizzarla, desiderio dei vivi d’ogni tempo e luogo, nell' estenuante, universale gioco della sopravvivenza lungo i sentieri del mito fino ai valori di una fede, forse mai attecchita veramente. A ben guardare, in quella lunga notte dei morti, quando aspettavamo i regali che dovevano cimentare l'affetto nei confronti di qualche nonno andato o qualche zio mai conosciuto, erano loro in persona a giungere nottetempo nelle nostre case, no le loro anime.  Sopraggiungevano (sotto forma di materia) dalla loro "paurosa dimora" in stu munnu di guai come riferisce il Pitrè prendendo a prestito detti dimenticati. Brutto perciò il mondo, brutto l'aldilà. Come l'Ade dei greci, il nulla del paganesimo, il non vivere del nostro presente. 
Dalle pochissime (almeno a Trapani in era Covid) vetrine, zucche, abiti da streghe e da scheletri richiamano la cultura globalizzata informandoci che qualcosa è cambiato, che i morti, insomma, sono morti per davvero. 
Così la martorana, simbolo alimentare della nostra, di festa, in bella vista ormai tutto l'anno, sradicata dall'eccezionalità dello spazio festivo si avvia a trasformarsi in reperto archeologico, museale, perciò morto assieme a tutto il resto. Diverrà il dolcetto da offrire ai bambini travestiti da fantasmi in una scontata amalgama di forme e usi? 
Speranzosi, si rimane pazientemente in attesa del prossimo diluvio.