Quarant'anni fa l'omicidio del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto

Questo pomeriggio l'iniziativa "Parliamone di mafia!"

Quarant'anni fa l'omicidio del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto

“Ciaccinu arrivau a stazione”, mormorava il boss Mariano Agate passeggiando tra i corridoi del carcere di San Giuliano.

Era il novembre del 1982 e Cosa Nostra aveva emesso la sua sentenza di morte nei confronti del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto. I

l 25 gennaio del 1983 il “giudice scomodo” venne freddato con decine di colpi di fronte la sua abitazione in via Carollo a Valderice. Il corpo rimase per tutta la notte all’interno della sua auto, nessuno avvisò la polizia.

Solo il giorno dopo un passante chiamò le forze dell’ordine.

Era l'epoca in cui per chi era alla guida della città  la mafia non esisteva. Pochi mesi dopo, subito dopo l'attentato di Pizzolungo, l’allora sindaco di Trapani, si guadagnò la prima pagina di Repubblica. E’ passata alla storia la vignetta di Forattini che lo ritraeva con un fucile a canne mozze nel didietro. In provincia di Trapani invece la mafia esisteva eccome.

La provincia delle banche, ritenuta da Falcone la Svizzera di Cosa Nostra, della loggia Scontrino e di Gladio.

Nelle inchieste del giudice Montalto finiscono gli esponenti della famiglia Minore, Francesco Messina Denaro, padre di Matteo, i Salvo e gli Zizzo di Salemi, i Rimi e gli Agate. Montalto aveva “ficcato" il naso negli affari dei boss, squarciando il velo sulle collusioni tra mafia, politica e imprenditoria, fu il primo ad applicare la legge Rognoni-La Torre.

Nonostante le minacce e le intimidazioni rimase solo, senza alcuna protezione. A decretare la sua morte, la decisione, dopo aver visto sfumare la maggior parte delle sue inchieste, di trasferirsi in Toscana, dove gli esattori mafiosi, i cugini Salvo, avevano trasferito alcune società e dove esponenti, soprattutto delle famiglie di Alcamo avevano spostato i propri interessi.

Un pericolo che andava eliminato. Per il delitto furono condannati all'ergastolo i boss Mariano Agate, del mandamento di Mazara del Vallo e il capo dei corleonesi Totò Riina.

A quarant’anni dall’assassinio, la figura del giudice verrà ricordata questo pomeriggio, alle 17,30 con l’iniziativa “Parliamone di Mafia!” che si terrà all’interno dell’aula Sodano a palazzo D'Alì.