Ricorso in appello per l’Unabomber di Pantelleria

Ricorso in appello per l’Unabomber di Pantelleria

La difesa sostiene la non imputabilità dell’ingegnere informatico Roberto Sparacio, condannato lo scorso giugno a 5 anni e 8 mesi di reclusione con l’attenuante della seminfermità mentale, per tre attentati con materiale esplosivo e sostanze chimiche che ferirono altrettante persone tra il 2016 e il 2018.

L’avvocato difensore Carlo Emma, sostenendo la totale infermità mentale del proprio assistito, contesta l’esito della perizia psichiatrica redatta dal collegio di periti che stabilirono il parziale vizio di mente dell’imputato.

Da qui, il ricorso in appello contro la condanna decisa dal Gup di Trapani, anche perché nel computo della pena – secondo il difensore – i tre episodi contestati sono stati ritenuti disgiunti tra loro, mentre avrebbero dovuto essere considerati frutto di un unico disegno criminoso.

Roberto Sparacio, cinquantatreenne originario di Palermo e residente a Pantelleria, era pronto a tutto pur di salvaguardare le proprietà familiari ereditate, messe a rischio dalle azioni legali di una serie di creditori. Con questo movente avrebbe predisposto e recapitato due pen-drive esplosive, ed avrebbe anche cercato un killer, nella parte sommersa del web, per eseguire almeno una “eliminazione fisica” tra coloro che si stavano rivalendo in sede civile sul patrimonio della sua famiglia. Queste ed altre azioni criminali furono ricostruite dalla Squadra Mobile di Trapani e dalla sezione di Polizia giudiziaria della Procura, fino all’arresto del presunto responsabile nel 2019.

L’8 ottobre 2018, una chiavetta Usb esplose negli uffici della Procura di Trapani ferendo gravemente un ispettore superiore della Polizia di Stato. Le indagini su questo episodio, nell’arco di sette mesi, permisero di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico di Roberto Sparacio, e di far luce anche sull’esplosione di un’altra pen-drive, avvenuta a Palermo nel luglio del 2016. In quel caso, rimase ferito gravemente un venticinquenne che, come l’ispettore superiore Gian Camillo Aceto due anni e mezzo dopo, non era il reale obiettivo dell’attentatore.

Ma all’Unabomber di Pantelleria è riconducibile anche l’episodio di un ex dipendente di Sparacio, gravemente ferito da una “trappola” realizzata con una sostanza chimica. 

“L’attività investigativa – rilevò il giudice per le indagini preliminari nel provvedimento restrittivo – ha dimostrato la pericolosità, la spregiudicatezza e le elevate capacità dell’arrestato di fabbricare esplosivi e di utilizzare sostanze chimiche ed esplodenti per preparare trappole micidiali”.

Nell’abitazione di Roberto Sparacio, a Pantelleria, gli investigatori scoprirono un laboratorio attrezzato per la preparazione di congegni esplosivi e la miscelazione di sostanze chimiche pericolose, dove l’ingegnere informatico confezionò le due pen-drive deflagranti per inviarle dentro buste anonime nel 2016: una, a luglio, al titolare di un pub che aveva comprato all’asta un appartamento della famiglia Sparacio; l’altra, a settembre, all’avvocato trapanese Monica Maragno, che si stava occupando della vendita all’asta di alcuni beni dell’indagato. La busta con la prima chiavetta Usb, sarebbe stata trovata nel pub dal ragazzo estraneo alla vicenda, che in seguito provò ad attaccare la pen-drive nel proprio computer e nello scoppio ci rimise due dita. L’altro plico, recapitato allo studio legale, insospettì invece la destinataria, tanto da indurla a portare la busta, ancora chiusa, alla Procura per gli accertamenti del caso; negli stessi uffici, circa due anni dopo, l’ispettore superiore Aceto provò a controllare il contenuto di quella pen-drive e rimase gravemente ferito ad una mano.

A Pantelleria, inoltre, uno degli operai che lavorava in una cava di proprietà di Sparacio, rimase gravemente ustionato, a causa di un acido versato sul sedile di un escavatore; una trappola che sarebbe stata preparata dall’ingegnere informatico, pochi giorni dopo avere appreso che il personale aveva intenzione di fargli vertenza per alcuni compensi non pagati.

L’intera vicenda sarà nuovamente esaminata in sede giudiziaria, per l’appello promosso dalla difesa di Roberto Sparacio, che punta anche ad una riforma delle sanzioni penali non ritenute commisurate alle esigenze risarcitorie e alla riforma dei risarcimenti stabiliti in un totale di centomila euro in favore delle parti civili.