"VI racconto la mia danza con la morte a causa del Covid19"

L'imprenditore Norbert Biasizzo ha rischiato di morire e oggi afferma: "Vaccinatevi, non scherzate con questo virus"

Norbert Biasizzo ha 56 anni, è un imprenditore eclettico e, negli ultimi anni, si è ritagliato un ulteriore spazio nel cuore dei trapanesi e degli ericini grazie alla Handball Erice che ha forgiato dalle sue mani.
Un gigante caparbio e dal cuore d’oro che racconta, ai lettori de IL LOCALE NEWS, la sua “danza con la Signora falcata” e i suoi giorni d’angoscia, fra la vita e la morte, in sala rianimazione all’ospedale di Marsala. Ora ha una missione: “Il Covid è una bestia subdola, vaccinatevi. Io sono salvo ma non scherzate con questa brutta malattia. Si muore".

Lo conoscono quasi tutti, per un motivo o per un altro, chi per le sue variegate attività imprenditoriali, chi per lo spumante “Addio cugghiuna” che produce, chi per la sua ultima avventura sportiva (ha fondato la squadra di pallamano femminile Handball Erice, chi semplicmente lo ha visto magari mezza volta in tv o ha letto di lui in qualche articolo on line. Fatto sta che Norbert Biasizzo, 57 anni da compiere, trapanese di genitori milanesi, non è certamente uno che passa inosservato.
Un po’ guascone, un po’ don Chisciotte, ha abituato quelli che lo conoscono e che lo frequentano alla sua schiettezza: se deve mandarti a quel paese lo fa senza pensarci due volte e questo suo spirito combattivo l ha anche portato ad avere qualche piccolo inconveniente. Vederlo ed intervistarlo a casa sua mentre si trova su un letto d’ospedale (che si è comprato apposta) fa un certo effetto. E’ reduce da un brutto incidente con l’auto e non può muoversi più di tanto. E questo incidente, non lo nega, è la seconda dimostrazione che lui, Norbert Biasizzo, ha una missione da portare avanti: “Il mio tempo su questa terra non è ancora arrivato al termine - ci dice sorridendo - e so che qualcuno o qualcosa mi sta dicendo che devo continuare a vivere perchè ho una missione da portare avanti”.
Una missione che ancora non sa in cosa consiste ma che, almeno in parte, ha compreso e la spiega subito: “Ho promesso ai medici del Covid Hospital di Marsala che mi sarei adoperato per convincere quelli che conoscono a vaccinarsi contro il Covid19”.
Sembra una cosa da poco ma Nobert Biasizzo era uno di quelli che, fino a pochi giorni prima di essere ricoverato in terapia intensiva all’ospedale di Marsala, era scettico sulla necessità di vaccinarsi contro il Covid. Poi, quando si convinse, beccò il virus. E da metà agosto fino quasi alla fine di settembre ha “danzato con la Signora con la falce in mano”. 
Norbert è vivo. Ha superato il Covid anche se lo avevano dato per spacciato. “Tutto è cominciato il 15 di agosto. Ho iniziato a stare male e mi hanno subito riscontrato il Covid. I primi dieci giorni li ho passati curandomi a casa, mi era anche passata la febbre e sembrava che fosse tutto finito. Invece, controllando sempre il saturimetro  come mi era stato suggerito, la cosa è andata a degenerare anche per colpa mia (e non mi dò pace da questo punto di vista, se fosse stato uno dei miei familiari avrei insistito per ricoverarlo in ospedale e invece io, su di me, pensando di essere un highlander, mi sono trascurato).Mi avevano consigliato di usare un po’ la bombola d’ossigeno per aiutarmi a respirare, avevo un po’ di affanno, ma in due giorni tutto è precipitato: la saturazione peggiorava e la notte non riuscivo più a respirare. Io, però, ed è lì che si capisce quanto è subdolo questo virus, non avevo sintomi  particolari che potessero farmi pensare a qualcosa di degenerativo. Nulla, non avevo tosse e non mi sentivo nemmeno affaticato. Ma il virus ha agito  sotterraneamente. Ve lo devo dire, il Covid non va sottovalutato: ti lascia segni  indelebili dentro il corpo e nella testa. E’ una bestia, una di quelle con cui non
avevo mai avuto a che fare”.
Si convince, dunque, che sarebbe stato meglio andare in ospedale.  A Trapani gli fanno il tampone e, in serata, lo portano al Covid Hospital di Marsala  dove arriva sfinito, più “di là” che “ di qua”.
“Sì, i medici me lo hanno detto chiaramente che ero a rischio di morte. Mi hanno subito portato in rianimazione e messo immediatamente il casco. Ecco, da quel momento ho vissuto in terza persona. E’ una sensazione che non auguro di vivere a nessuno”. 
Prova a spiegare.
“In quei momenti hai poco da pensare. Ti vedi tutta la vita che ti scorre davanti, è qualcosa di così fuori dall’ordinario che non sai come agire. I medici, a mezzanotte, mi hanno detto che la mia situazione era fragile, mi avevano dato pochissima speranza: polmone andato, emboli dappertutto... nessuno avrebbe scommesso che sarei sopravvissuto oltre le tre ore dopo che mi hanno ricoverato. C’è chi crede in Dio, chi crede nel trascendente o nelle positività... io ho sempre creduto ma, al di là di Dio, so che succedono cose particolari. Io mi sono affidato a  quello che reputo il mio angelo custode, ho chiamato un ragazzo, un mio amico che giocava con me quando eravamo giovani e che è morto a 24 anni per leucemia... lo so che sembra strano quello che sto per dirti ma io ho avvertito la sua presenza accanto a me. Mi tirava fuori dai momenti nei quali mi abbandonavo dentro il  casco. Lui mi ha dato forza. So che mi sono anche serviti i tanti messaggi di affetto che riuscivo a leggere nei momenti in cui ero sveglio. ”. 
Norbert fa di tutto per frenare le lacrime che gli escono. Un gigante inerme, in questo momento, che non si vergogna di lasciarsi andare a quelle che sono ancora le sensazioni che deve decifrare.
“Non ho ancora metabolizzato tutto, mi prenderò del tempo per cercare di capire cosa è successo... so che non auguro a nessuno di finire sotto il casco in rianimazione. Ho vissuto in terza pesona, non saprei come spiegartelo meglio. Questa malattia non ti colpisce solo da un punto di vista fisico. Tu sei dentro il casco e capisci che non sei tu a respirare, c’è questo rumore continuo wuuu wuuu wuuu 24 ore su 24 e non ti fa pensare, non ti fa sentire, non ti concede tregua. Sei solo, senza contatti con nessuno... ti uccide anche nella testa, questo virus. I medici mi hanno detto che sono un miracolato, in dieci giorni mi hanno tolto il casco e oggi, anche se non sto benissimo, sono ritornato a lavorare. Là dentro, in rianimazione,  ho capito veramente cosa fa questo virus: non voglio parlare, per rispetto di chi non c’è più, di quanti ho visto ricoverati assieme a me in quei giorni. Ma so una cosa: oggi, tra rischiare un effetto collaterale per il vaccino e rischiare di andare a finire di nuovo in rianimazione col casco o intubato addirittura, non ho dubbi. IO scelgo il vaccino. E dovete farlo anche voi, ecco questa è già una mia prima missione. Far capire ai testardi, come me, che col Covid19 non si deve scherzare.
Voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno mandato un messaggio di affetto, voglio soprattutto ringraziare i medici, i paramedici, gl inservienti e tutti quanti operano al Covid Hospital di Marsala.Sono eccezionali e rischiano ogni
giorno, lavorando incessantemente per salvare gli altri, di finire anche loro dentro il casco o intubati. Meritano tutto il nostro amore. Ma fammi dire ancora una volta a chi mi legge che questo non è virus che fnirà: prima o poi lo prenderemo tutti. Vaccinatevi. Fatelo per voi e per chi volete bene".