Marsala: maxi truffa all'Inps, avviso di conclusione indagini per 199 persone

Marsala: maxi truffa all'Inps, avviso di conclusione indagini per 199 persone

Avrebbero intascato indennità di disoccupazione sulla base di assunzioni "fittizie". Un danno per le casse dell'Inps di oltre 676 mila euro. Sono 199 le persone indagate dalla Procura di Marsala. I fatti si sono sovlti tra il 2021 e il 2014. Aziende utilizzate per le false assunzioni di circa duecento lavoratori, in buona parte tunisini. Molti dei quali residenti a Mazara del Vallo, che sarebbe l’epicentro della truffa, altri a Marsala, Petrosino, Campobello di Mazara, Ribera, Sciacca e anche in centri del nord Italia. Alle persone coinvolte nell’inchiesta, condotta dai carabinieri, è stato notificato l’avviso conclusioni indagini preliminari, atto che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Le accuse a vario titolo contestate sono truffa in concorso e il falso ideologico. Secondo i magistrati a organizzare il raggiro all’Inps sarebbero stati cinque persone alle quali nel novembre 2020 sono statisequestrati beni per circa un milione di euro. Si tratta di Sergio Agnello, di 44 anni, Nicolò Passalacqua, di 51, Salvatore Asaro, di 60, Francesco Di Pietra, di 51, e Mehdi Ammari, di 43. Tra questi, un ruolo centrale avrebbe avuto Di Pietra, consulente, al quale lo scorso novembre è stato sequestrato lo studio professionale. Agnello, Passalacqua e Asaro erano titolari di aziende sulla carta operanti nei settori edile, metalmeccanico e agricolo che venivano usate per le assunzioni fittizie necessarie per incassare le indennità di disoccupazione. Passalacqua sarebbe stato, in particolare, “promotore, costitutore e organizzatore del sistema di truffe”. Il tunisino Mehdi Ammari, residente a Campobello di Mazara, avrebbe avuto, secondo la procura, il compito di procacciatore di lavoratori da assumere sulla carta. Gli investigatori (carabinieri del Comando provinciale di Trapani e del Comando per la Tutela del Lavoro-Nucleo Ispettorato del Lavoro) hanno accertato che gli indagati, utilizzando ditte operanti solo “su carta”, avevano fittiziamente assunto 241 persone, in gran parte di provenienza nordafricana in prossimità della scadenza del permesso di soggiorno. I rimanenti 194 gli indagati, a loro volta, secondo l’accusa, “si impegnavano a versare ai titolari delle ditte la metà delle indennità percepite dopo il licenziamento da un lavoro che non avrebbero mai svolto”, sostengono i magistrati.